Mosè è una Scultura in Marmo di Michelangelo Buonarroti, databile al 1513-1515 circa, ritoccata nel 1542 e conservata nella Basilica di San Pietro in Vincoli in Roma.
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La creazione fa parte del complesso statuario concepito quale Tomba di Papa Giulio II.
Tra le prime scolpite per il progetto del mausoleo del papa, fu anche l'unica tra quelle pensate fin dall'inizio ad essere usata nel ridimensionato risultato finale, che vide la luce solo dopo quarant'anni di tormentate vicende.
La Statua del Mosè occupa nel monumento a Papa Giulio II la posizione al centro nel registro inferiore. Se nel progetto iniziale era solo una delle circa quaranta statue a tutto tondo previste, in quello finale ne divenne l'elemento primario poiché, come l'artista fece scrivere al suo biografo A. Condivi, «questa sola Statua è bastante a far onore alla sepoltura di Papa Giulio».
Il profeta viene rappresentato in posizione seduta, con la testa barbuta rivolta a sinistra, il piede destro posato per terra e la gamba sinistra sollevata con la sola punta del piede posata sulla base. La posizione delle gambe ricorda quella del Profeta Isaia di Raffaello (1511-1512), che le fonti ricordano come elogiato dal Buonarroti. Il braccio sinistro è abbandonato sul grembo, invece quello destro regge le tavole della Legge, mentre la mano arriccia la lunga barba. Curiosamente le tavole della legge risultano rovesciate, come se fossero scivolate dalle braccia del Mosè.
La Statua, nella sua composizione, esprime la solennità e la maestosità del personaggio biblico. Celebre lo sguardo del Mosè definito come "terribile": esso è stato interpretato come espressione del carattere di Michelangelo, irascibile, orgoglioso e severo, per il quale è stato coniato il termine "terribilità".
Per quest'Opera, Michelangelo si rifece a esempi del '400, come il San Giovanni Evangelista di Donatello, e antichi come il Torso Belvedere e le antiche divinità fluviali. Da Donatello in particolare riprese la carica di energia trattenuta, soprattutto nel volto contratto e concentrato, ma amplificata da una maggiore carica dinamica, grazie allo scatto contrario della testa rispetto al corpo.
Le corna sul capo del Mosè, tipiche della sua iconografia, sono probabilmente dovute ad un errore di traduzione da parte di San Girolamo del Libro dell'Esodo, nel quale si narra che Mosè, scendendo dal Monte Sinai, avesse due raggi sulla fronte. L'ebraico "karan" o "karnaim" - "raggi" - sarebbe stato confuso con "keren" - "corna". All'errore può aver contribuito anche il fatto che nel Medioevo si riteneva che solo Gesù potesse avere il volto pieno di luce.
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