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02 settembre 2025

MUSICA E RELIGIONE - L'ORGANO A CANNE IL VERO STRUMENTO MUSICALE

 “Nella Chiesa latina si abbia in grande onore l’Organo a Canne, Strumento Musicale tradizionale, il cui suono è in grado di aggiungere un notevole splendore alle Cerimonie della Chiesa, e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti".


Concilio Ecumenico Vaticano II
Costituzione Conciliare sulla Sacra Liturgia - "Sacrosantum Concilium"


Unico Testo che spiega l'importanza dell'Organo a Canne nella Chiesa e nella Religione Cattolica.
Altri strumenti ( percussioni, chitarre ecc ecc ) NON contano esattamente nulla.

( NON lo dico io, la lo dice la Religione Cattolica )

PROSIT

12 luglio 2025

MUSICA - LA STORIA DEL MISERERE DI GREGORIO ALLEGRI


Il Miserere (latino: "Abbi pietà") è un'Opera a Cappella di Gregorio Allegri basata sul salmo 50 della Bibbia, composto probabilmente intorno al 1630 durante il Pontificato di Urbano VIII, da eseguire a luci spente nella Cappella Sistina durante il mattutino come parte dell'Ufficio delle Tenebre della Settimana Santa.

È l'ultimo dei dodici Miserere composti e cantati in Sistina dal 1514 ed è anche il più famoso.
Di questo Brano non si comprende l'effetto alla sola lettura per via della grande semplicità delle note, ma esisteva nella Cappella Sistina un'antica tradizione esecutiva che ne faceva risaltare i meriti, dandogli una sfumatura espressiva unica.


Il Miserere di Allegri è una Composizione a nove Voci per due Cori, uno di cinque Voci e uno di quattro, ed è generalmente riconosciuto come uno dei migliori esempi di Polifonia rinascimentale.

Il suo Spartito originale, vergato dalla mano del Compositore, non è mai stato trovato.
Tre copie autorizzate della Partitura vennero distribuite fuori dalla Cappella Sistina prima del 1770: una a Leopoldo I d'Asburgo, una al Re del Portogallo e una a Giovanni Battista Martini.
Nessuno di loro, tuttavia, riuscì a riprodurre la bellezza del Miserere così come veniva cantato nella Sistina.
Il quattordicenne Wolfgang Amadeus Mozart, in visita a Roma, ascoltò il Miserere di Allegri l'11 Aprile 1770 durante l'Ufficio delle Tenebre del Giovedì Santo, che si canta la sera del Mercoledì Santo.
Il Giovedì Santo lo trascrisse interamente a memoria, ritornando nella Cappella Sistina il Venerdì successivo, 13 Aprile, per fare piccole correzioni.

Leopold Mozart, padre di Wolfgang, in una lettera ad Anna Maria Pertl del 14 Aprile 1770 comunicò che:
«A Roma si sente spesso parlare del famoso Miserere, tenuto in tanta considerazione che ai Musicisti della Cappella è stato proibito, sotto minaccia di scomunica, di portarne fuori anche una sola parte, copiarlo o darlo a chicchessia. Noi però l'abbiamo già, Wolfgang l'ha trascritto a memoria, e, se non fosse necessaria la nostra presenza al momento dell'Esecuzione, noi l'avremmo già inviato a Salisburgo. Infatti la maniera di eseguirla conta più della Composizione stessa, e quindi provvederemo noi stessi a portarla a casa.]»


Quando la Pertl rispose preoccupata, Leopold precisò in una lettera del 19 Maggio successivo:
«Non c'è la minima ragione di essere in ansia [...] Tutta Roma e persino il Papa stesso sa che l'ha trascritto. Non c'è assolutamente niente da temere, al contrario, l'impresa gli ha fruttato un grande credito.»


Dopo la trascrizione di Mozart, la minaccia della scomunica venne tolta. Tempo dopo, Mozart incontrò il Compositore inglese Charles Burney, il quale si fece dare la copia, la confrontò con la trascrizione che il Papa aveva concesso a Giovanni Battista Martini e la portò a Londra, dove venne pubblicata nel 1771. L'Edizione di Burney, tuttavia, non includeva la particolare ornamentazione rinascimentale non scritta, ma semplicemente tramandata da interprete a interprete nella Cappella Sistina, che rendeva il brano tanto lodato.
Nel 1840 il Sacerdote romano Pietro Alfieri pubblicò un'edizione del Miserere di Allegri con l'intento di preservare la prassi esecutiva della Cappella Sistina, edizione che comprendeva anche l'ornamentazione.
L'accuratezza nelle Esecuzioni, che esisteva un tempo nella Sistina, era un requisito indispensabile per la perfetta riuscita del Miserere: Leopoldo I d'Asburgo, infatti, ne chiese al Papa Innocenzo XI una copia da utilizzare nella sua Cappella imperiale.
La richiesta gli fu accordata. Tuttavia, le esecuzioni viennesi non risultarono altro che un Corale poco entusiasmante. L'Imperatore credette allora che il Maestro di Cappella della Sistina gli avesse inviato la copia di un altro Miserere, se ne lamentò con il Papa e lo fece cacciare. Il Papa stesso fu così offeso da quello che credeva essere stato un inganno del suo Maestro che, per molto tempo, non volle vederlo né ascoltare ciò che avrebbe voluto dire in sua discolpa. Alla fine, però, il Maestro di Cappella ottenne che uno dei Cardinali perorasse la sua causa, facendo sapere al Pontefice che la perfetta riuscita del Miserere poteva essere realizzata solo grazie alla grande competenza canora della Cappella Sistina.
Ciò spiegava perché il pezzo in questione, anche se fedelmente trascritto, non poteva produrre lo stesso effetto se eseguito altrove.
Secondo altre teorie, lo spartito era stato secretato perché contenente, in accordo alle ricerche di Urbano VIII e di Tommaso Campanella, che collaborarono in diversi momenti proprio in quegli anni, la cosiddetta Nota Dei (lat. "Nota di Dio"), cioè la chiave che, secondo i dettami umanistico-rinascimentali, permette di penetrare i più profondi segreti della Natura.

Innocenzo XI, che non si intendeva di Musica, benché non riuscisse a capire come le stesse note potessero sembrare così diverse se eseguite in luoghi diversi, scrisse una difesa che venne inviata a Leopoldo I. Quest'ultimo pregò allora il Papa di mandare a Vienna qualcuno dei Cantori della Sistina affinché istruissero quelli della Cappella Imperiale sul modo di eseguire il Miserere.
Il Pontefice accordò il favore, ma, prima che i Musicisti arrivassero a Vienna, nel 1683 scoppiò la Guerra contro i turchi e l'Imperatore dovette lasciare la Città.
Il Miserere, perciò, non venne mai eseguito fuori Roma.

Il Miserere di Allegri venne eseguito nella Cappella Sistina, pressoché senza interruzioni, fino al 1870.
Sospesa per 141 anni, la Composizione è stata nuovamente eseguita, per la prima volta, il 9 Marzo 2011, alla presenza del Papa Benedetto XVI, nella Basilica di Santa Sabina in Roma durante la Celebrazione del Mercoledì delle Ceneri.

Testo :
«Miserere mei, Deus: secundum magnam misericordiam tuam.
Et secundum multitudinem miserationum tuarum, dele iniquitatem meam.
Amplius lava me ab iniquitate mea: et a peccato meo munda me.
Quoniam iniquitatem meam ego cognosco: et peccatum meum contra me est semper.
Tibi soli peccavi, et malum coram te feci: ut iustificeris in sermonibus tuis, et vincas cum iudicaris.
Ecce enim in iniquitatibus conceptus sum: et in peccatis concepit me mater mea.
Ecce enim veritatem dilexisti: incerta et occulta sapientiae tuae manifestasti mihi.
Asperges me, hyssopo, et mundabor: lavabis me, et super nivem dealbabor.
Auditui meo dabis gaudium et laetitiam: et exsultabunt ossa humiliata.
Averte faciem tuam a peccatis meis: et omnes iniquitates meas dele.
Cor mundum crea in me, Deus: et spiritum rectum innova in visceribus meis.
Ne proiicias me a facie tua: et spiritum sanctum tuum ne auferas a me.
Redde mihi laetitiam salutaris tui: et spiritu principali confirma me.
Docebo iniquos vias tuas: et impii ad te convertentur.
Libera me de sanguinibus, Deus, Deus salutis meae: et exsultabit lingua mea iustitiam tuam.
Domine, labia mea aperies: et os meum annuntiabit laudem tuam.
Quoniam si voluisses sacrificium, dedissem utique: holocaustis non delectaberis.
Sacrificium Deo spiritus contribulatus: cor contritum, et humiliatum, Deus, non despicies.
Benigne fac, Domine, in bona voluntate tua Sion: ut aedificentur muri Ierusalem.
Tunc acceptabis sacrificium iustitiae, oblationes, et holocausta: tunc imponent super altare tuum vitulos.»

08 giugno 2025

ARTE – STATUE MARMOREE DA VEDERE E RIVEDERE

Venere Italica – Antonio Canova – Firenze, Galleria Palatina
Che Antonio Canova sia uno dei più grandiosi Artisti del marmo della Storia, è un dato di fatto. Alcune sue Opere sono meno visitate di altre, pur essendo universalmente riconosciute come patrimonio inestimabile dell’Arte universale.
È il caso della Venere Italica, ispirata al concetto della Venus Pudica, ritratta sempre nell'intento di celare la propria bellezza con un telo.
Per realizzare quest’Opera, Canova utilizzò il suo consueto “tocco diretto”, la particolare tecnica, mescolata a innegabili capacità personali, di rendere l’idea della pelle, le morbidezze della carne e le meravigliose sfumature proprie dell’Arte classica.
L’Artista utilizzò, sul marmo bianco di Carrara, un particolare impasto morbido e di colore rosa tenue.
La Statua fu a lungo esposta a lume di candela, proprio per esaltare la meraviglia del chiaro-scuro, l’avvenenza delicata delle forme e la loro plasticità nello spazio.
All'interno della sterminata proposta degli Uffizi, dunque, non si dimentichi di passare per la Galleria Palatina, dove questa Venere, regina fra le statue in marmo, tenta di celare le sue grazie agli occhi del pubblico.

Ercole Farnese – Glicone di Atene – Napoli, Museo Archeologico Nazionale
Il trionfo del coraggio, il riscatto dell’Uomo sulle prove di divinità gelose e capricciose.
Glicone di Atene volle esaltare il mito del figlio di Zeus che, superate le dodici prove, ottenne l’immortalità.
Al termine delle sue famose 12 fatiche, l’Eroe si riposa poggiando il braccio sulla sua clava.
Nella mano destra, visibile solo nella parte posteriore, tiene stretti pomi d’oro rubati alle Esperidi. Dopo aver fatto parte per lungo tempo della Collezione Farnese, questa statua è stata spostata nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli, scrigno di molti altri Tesori e meritevole di più di una visita.
Nel 1546 la Statua venne rinvenuta, per caso, durante alcuni scavi presso le Terme di Caracalla.
Ai tempi, alcune parti, tra cui i poderosi polpacci, erano gravemente danneggiati.
Il suo Restauro fu affidato ad alcuni allievi di Michelangelo. L’attribuzione a Glicone è stata immediata, in quanto lo Scultore firmò l’opera incidendo il suo nome a chiare lettere sul basamento.

Apollo e Dafne – Gianlorenzo Bernini – Roma, Galleria Borghese
Uno dei Capolavori assoluti dell’Arte universale, si ispira a un episodio narrato da Ovidio, nelle sue Metamorfosi.
Apollo, innamorato della ninfa Dafne, cerca di conquistarla e di possederla. Lei però preferisce venir trasformata in un albero di alloro, per continuare ad appartenere al mondo silvano a cui è votata, e a nessun uomo. Il gruppo marmoreo raffigura proprio l’istante della trasformazione, in un sapiente intreccio di capelli, dita e fogliame, proprio un momento prima che il dio possa stringere la ninfa tra le sue braccia.
Le foglie e le radici, tuttavia, non furono scolpite dal Bernini, ma dal suo giovane amico e collega Giuliano Finelli, che lo aiutò a completare l’opera nei tempi richiesti dal committente. Lo sviluppo di questa scena nello spazio, rispettato nell'esposizione all'interno della Galleria Borghese, restituisce tutto l’intento narrativo che lo scultore volle imprimerle: si deve girare intorno all'Opera per assistere al compiersi di questo prodigio, reso possibile dal padre di Dafne, Peneo. A questo punto si può godere di un magnifico movimento a spirale, dato dall'arco dei due giovani corpi e dal rigonfiamento del manto di Apollo.
Il Dio ha il volto in ansia, i muscoli tutti in tensione nel tentativo di catturare il suo amore. Tuttavia la scena non ha alcun segnale di sopraffazione o di violenza: la sua mano sinistra semplicemente cinge il corpo dell’amata, una creatura delicatissima e sfuggente.

David – Michelangelo – Galleria dell’Accademia
Uno dei simboli dell’Italia all'estero, il David è una delle Statue in marmo più riprodotte a scopi commerciali un po’ ovunque. Tanto che spesso viene confusa con la sua riproduzione in Piazza della Signoria. Invece il “vero” David è collocato in un’area appositamente realizzata per ospitare il gigante marmoreo, dopo diverse dispute e spostamenti al riguardo. 
Il Buonarroti realizzò una vera e propria impresa titanica, scolpendo un enorme blocco di marmo già sbozzato in precedenza da altri Artisti, che avevano fallito poiché presentava innumerevoli fragilità e difetti. Ancora giovanissimo, Michelangelo non si arrese, anzi colse l’occasione ben cosciente che la riuscita gli avrebbe portato una gloria senza precedenti.
Basandosi sul mito di David, fu il primo a rappresentarlo giovane, adolescente, nel pieno della sua prestanza fisica, e non con la testa del gigante Golia già ai suoi piedi. David è raffigurato nel momento in cui sta per apprestarsi alla lotta, ancora a riposo su una gamba, ma già teso, concentratissimo, con un’espressione facciale che racchiude in sé tutti i valori della forza e dell’intelletto. Nella mano destra, più grande rispetto alle proporzioni naturali così come la testa, l’eroe stringe il sasso con il quale ucciderà il gigante.
Michelangelo realizzò un’Opera che sembrava impossibile e che oggi, compreso il suo basamento, è alta più di 5 metri e rappresenta il paradigma della bellezza maschile, il perfetto esempio di ciò che è stato il Rinascimento Italiano.

Cristo Velato – Giuseppe Sanmartino – Napoli, Cappella Sansevero
Uno dei Capolavori dell’Arte marmorea mondiale è conservato in una Cappella privata, tuttavia aperta al pubblico.
Il corpo del Cristo morto è rappresentato in dimensioni reali, a grandezza naturale, il che conferisce, assieme alla assoluta impalpabilità del velo, una veridicità all'Opera senza precedenti. Addirittura i contemporanei misero in giro una voce, una sorta di leggenda, secondo la quale il committente Raimondo di Sangro, appassionato ed esperto di alchimia, avesse insegnato una formula per la marmorizzazione della stoffa, pertanto che si trattasse di un vero velo tramutato in pietra. In effetti, l’incredibile leggerezza impressa nel marmo rivela, anziché celare, tutte le fattezze del Cristo che giace defunto. Addirittura sulle sue mani, in particolare sul dorso della destra, sono ben visibili persino le ferite dei chiodi lasciate dalla crocifissione. Questo perché nel Settecento il tema di un corpo velato, ricorrente soprattutto nelle figure femminili, costituiva una sorta di furba autocensura, consentendo di mostrare le forme che normalmente andrebbero nascoste, con la giustificazione del velo.
Ai piedi del Cristo, l’artista ha scolpito i simboli della Passione: la corona di spine, i chiodi, le tenaglie. La Statua, poggiata su un basamento e due cuscini rigidi, che per contrasto restituiscono ulteriore impalpabilità al velo, ha un effetto drammatico per via di una scelta ben precisa: il corpo non è composto, come si fa al momento di una sepoltura. Al contrario, è rilassato, le braccia lungo il corpo, il volto che cade da un lato, come se esalasse l’ultimo respiro.

Il Leone di San Marco – Venezia, Piazza San Marco e varie
Non è una Statua specifica, anche se il più noto è il rilievo che si trova in Piazza San Marco: il Leone di San Marco (detto anche Leone Marciano o Leone Alato) è una presenza costante in tutta la città lagunare e anche in tutti quei luoghi che sono stati sotto il suo dominio nel tempo. Addirittura, nell'agro pontino, è un tema ricorrente, in quanto larga parte della popolazione del luogo proveniva da terre venete.
Il Leone è il simbolo di San Marco stesso, ma indica anche l’angelo in forma di leone che apparve all'Evangelista, pronunciando le parole “Pax tibi Marce, evangelista meus. Hic requiescet corpus tuum” (Pace a te, Marco, mio evangelista. Qui riposerà il tuo corpo). Infatti il leone è rappresentato con un Libro, quasi sempre aperto, recante proprio le parole dell’Angelo.
A parte il Leone Alato, Venezia è letteralmente disseminata di leoni in marmo. L’esperienza, passeggiando per la Città, che si ottiene cercando i Leoni è unica: i felini sono collocati in più punti, per dare lustro ulteriore all'Architettura urbana. Tuttavia, lo spettatore più attento non faticherà a trovare una certa narrativa in tutto questo, una palese celebrazione alla Città e alla sua storia. 

L’estasi di Santa Teresa d’Avila – Giovan Lorenzo Bernini – Roma, Chiesa di Santa Maria della Vittoria
Una delle più celebri e teatrali Opere del Bernini, si rifà a un episodio privato della vita della santa. Non si tratta propriamente di un’estasi, bensì di una tansverberazione (o assalto del Serafino): un oggetto appuntito rappresentante l’Amore del Divino trafigge il fedele provocandone la forte reazione mistica. 
Il gruppo marmoreo sembra protendere in avanti nello spazio, con il serafino che scosta la veste di Santa Teresa per meglio trafiggerla con l’amore di Dio. La veste di lei, il suo corpo, il piede sembrano librarsi nello spazio. Il panneggio della veste è copioso e fluente, molto diverso dalle rigide e algide vesti con cui i contemporanei raffiguravano le donne, specie in un soggetto religioso. Al momento, fissato nel marmo, è stata conferita una immensa drammaticità, esaltata dalla tensione del corpo di Teresa d’Avila, dal capo rovesciato all'indietro, dall'espressione del volto, con le sensuali labbra socchiuse nel pieno dell’estasi… L’Opera è stata per lungo tempo considerata scandalosa e diversi testi di psicanalisi la prendono ad esempio. L’Angelo può simboleggiare Cupido che trafigge con la sua freccia, e l’innegabile erotismo dell’opera può essere “superato” solo se si accetta di trovarsi di fronte a un’estasi mistica.
Il gruppo statuario è stato inserito in un’Edicola di marmi policromi, che lo chiudono come dentro un proscenio. Il Barocco è noto per restituire teatralità a ogni cosa. In questo modo, l’evento privato della santa diviene pubblico. Per accentuare il tutto, una luce gialla è stata posta sul fondo. I raggi di bronzo dorato che cadono dall'alto rendono l’effetto ancora più teatrale e mistico insieme. Per completare il tutto, due palchetti, come a teatro, sono stati collocati ai lati dell’edicola. Al loro interno sono ospitate le statue raffiguranti i membri della famiglia committente, proprio come se assistessero alla scena della transverberazione in un dramma.

La pudicizia – Antonio Corradini – Napoli, Cappella Sansevero
Torniamo a Napoli, all'interno di questa splendida cappella privata e torniamo a parlare di un’altra statua velata. La Pudicizia (o Verità velata) fa parte del gruppo di statue allegoriche dedicato alle dieci virtù, scolpite da diversi Artisti e commissionate da Raimondo di Sangro. Anche e soprattutto in questo caso, il velo serve in realtà a svelare, a mostrare le splendide forme del corpo femminile.
Questa Opera rococò è l’ultima delle donne velate del Corradini, che per tutto il corso della sua carriera si dedicò a rendere l’impalpabilità e insieme il peso del velo che cade sui corpi, aderendovi e, di fatto, svelandoli, ma senza farli risultare lussuriosi. Del resto, il volto della Pudicizia, con lo sguardo volto verso un altrove indefinito, è lontanissimo dalla sensualità del suo corpo.
Il movimento impresso dal chiasmo della posizione della donna, insieme a questa delicatissima espressione facciale, la rendono quasi una figura divina, anziché terrena. Si suppone che la lussuria fosse l’ultimo dei sentimenti che si volesse intenzionalmente generare in quanto la statua, allegoria anche della Sapienza, fu dedicata a Cecilia Gaetani dell’Aquila d’Aragona, madre del committente.

Il ratto delle sabine – Giambologna – Firenze, Loggia dei Lanzi
Un giovane romano rapisce un’avvenente ragazza. Ai loro piedi, un Uomo più anziano è incapace di fermare questo crimine. Si può supporre che il vecchio sia il Padre della ragazza. Questo è quanto rappresentato dal gruppo marmoreo del Ratto delle Sabine (da molti chiamato anche Le tre età dell’Uomo), che semplifica in un’unica scena il rapimento di massa da parte dei romani. Giambologna ottenne la sua fama piuttosto velocemente, distinguendosi per la capacità di scolpire figure femminili in pose insolite e molto sensuali. In particolare, il gruppo scultoreo del Ratto delle Sabine vibra per la potenza narrativa impressa nelle figure, attraverso un movimento a spirale che si sviluppa in altezza e nello spazio. Per poter meglio ammirare ciò che accade, lo spettatore deve muoversi intorno alla Scultura, ai suoi vuoti e alle sue masse, sapientemente ottenuti da un’unico blocco di marmo.
I volti della giovane e dell’anziano, così come le loro mani sinistre, sono speculari. Il terrore dipinto nei volti, la rassegnazione per non poter far nulla per evitare ciò che sta accadendo. La mano del vecchio sembra voler agire, ma poi serve solo a celare l’orrore agli occhi; quella della ragazza cerca di invocare la libertà dall'alto.
Dopo il David di Michelangelo, le sculture a Firenze tendevano ad essere imponenti. Per questo, il gruppo statuario è alto più di quattro metri.

La pietà – Michelangelo Buonarroti – Città del Vaticano, Basilica di San Pietro
L’epitome della bellezza, della perfezione, della dolcezza. Michelangelo impresse nel marmo dei sentimenti puri, che nessun altro è ancora riuscito ad eguagliare. In quello che viene universalmente considerato il suo Capolavoro, ha scolpito un episodio non narrato nei Vangeli: il corpo del Cristo morto che viene deposto dalla croce e per un attimo sua Madre può accoglierlo tra le sue braccia. Immortalato nel marmo bianco c’è un momento di estrema dolcezza e amore: la disperazione di una madre che ha perso suo figlio e la fiducia della Serva di Dio nella volontà che sta per compiersi. Ciò è reso alla perfezione dal semplice gesto della mano destra di Maria. Il suo volto è sereno e giovane, persino più giovane di quello del figlio.
La veste dalla Madonna, con un importante drappeggio, conferisce tutto il sostegno necessario al corpo del Cristo.
La Pietà è l’unica Opera che Michelangelo ha voluto firmare: una fascia traversa il corpo di Maria e su di esso è scolpito, in latino, “lo fece il fiorentino Michelangelo Buonarroti”.

11 aprile 2025

BRAMANTE

  Donato "Donnino" di Angelo di Pascuccio, detto il Bramante, nasce nel 1444, muore il 11 Aprile 1514.

Architetto e Pittore italiano.
Tra i maggiori Artisti del Rinascimento.

Formatosi a Urbino, uno dei centri della Cultura italiana del XV Secolo, fu attivo dapprima a Milano, condizionando lo sviluppo del rinascimento lombardo, quindi a Roma, dove progettò la Basilica di San Pietro. In qualità di architetto, fu la personalità di maggior rilievo nel passaggio tra il XV e il XVI Secolo e nel maturare del classicismo cinquecentesco, tanto che la sua opera è confrontata dai contemporanei all'architettura delle vestigia romane e lui considerato "inventore luce della buona e vera Architettura".

29 settembre 2024

ANTONIO PAOLUCCI

Antonio Paolucci, nasce il 29 Settembre 1939, muore il 4 Febbraio 2024.

Storico dell'Arte italiano.

#Paolucci #AntonioPaolucci #Art #History #Books #Italy #Vatican #Politics

È stato Ministro per i Beni Culturali e Ambientali dal 1995 al 1996, oltreché Sopraintendente per il Polo Museale Fiorentino e Direttore dei Musei Vaticani.

Opere :

  • Il laboratorio del restauro a Firenze

  • Il Battistero di San Giovanni a Firenze

  • Museo Italia: diario di un soprintendente-ministro

  • Michelangelo

  • Mille anni di arte italiana


11 aprile 2024

BRAMANTE

  Donato "Donnino" di Angelo di Pascuccio, detto il Bramante, nasce nel 1444, muore il 11 Aprile 1514.

Architetto e Pittore italiano.
Tra i maggiori Artisti del Rinascimento.

Formatosi a Urbino, uno dei centri della Cultura italiana del XV Secolo, fu attivo dapprima a Milano, condizionando lo sviluppo del rinascimento lombardo, quindi a Roma, dove progettò la Basilica di San Pietro. In qualità di architetto, fu la personalità di maggior rilievo nel passaggio tra il XV e il XVI Secolo e nel maturare del classicismo cinquecentesco, tanto che la sua opera è confrontata dai contemporanei all'architettura delle vestigia romane e lui considerato "inventore luce della buona e vera Architettura".

05 febbraio 2024

ANTONIO PAOLUCCI

Antonio Paolucci, nasce il 29 Settembre 1939, muore il 4 Febbraio 2024.

Storico dell'Arte italiano.

#Paolucci #AntonioPaolucci #Art #History #Books #Italy #Vatican #Politics

È stato Ministro per i Beni Culturali e Ambientali dal 1995 al 1996, oltreché Sopraintendente per il Polo Museale Fiorentino e Direttore dei Musei Vaticani.

Opere :

  • Il laboratorio del restauro a Firenze

  • Il Battistero di San Giovanni a Firenze

  • Museo Italia: diario di un soprintendente-ministro

  • Michelangelo

  • Mille anni di arte italiana


11 SETTEMBRE 2001 - PER NON DIMENTICARE

 Gli attentati dell'11 Settembre 2001 hanno provocato la morte di 2.974 persone, esclusi i diciannove dirottatori: 246 su quattro aerei ...