30 ottobre 2025

MUSICA - IL PIANOFORTE - STORIA

Il Pianoforte è uno strumento a tastiera, appartenente alla famiglia degli strumenti a corde percosse. Il suono è prodotto da corde metalliche colpite da martelletti lignei rivestiti di feltro, azionati da una meccanica collegata ai tasti.

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Fu inventato a Firenze nei primi anni del XVIII Secolo da Bartolomeo Cristofori, con l’intento di superare i limiti dinamici del Clavicembalo, allora predominante. Il nome originario dello strumento, gravicembalo col piano e forte, sottolinea la possibilità di variare l’intensità del suono in base alla forza del tocco.

La sua ampia estensione, la ricchezza timbrica e la capacità di combinare melodia e accompagnamento ne hanno fatto uno degli strumenti più importanti della musica occidentale, tanto nella tradizione colta quanto nei generi moderni come il jazz, la musica leggera e la musica da film.

Chi suona il Pianoforte è chiamato pianista. Normalmente, il pianoforte viene suonato in doppia chiave musicale, solitamente in chiave di violino e basso anche se alcune composizioni si suona solo in basso o violino. Il timbro è caldo e morbido, infatti è adatto a molti generi musicali, compresi quelli appena citati. In particolare è stato strumento d'eccellenza durante il romanticismo, dove è diventato uno degli strumenti musicali più apprezzati di tutta la storia.

Il primo modello di Pianoforte fu messo a punto in Italia da Bartolomeo Cristofori, padovano cittadino della Repubblica di Venezia alla corte fiorentina di Cosimo III de' Medici, a partire dal 1698, che lo definì un "gravicembalo col piano e forte", in seguito chiamato, verso la fine del Settecento, con il nome pianoforte, piano-forte, e anche "fortepiano" (come risulta dalle locandine coeve dei concerti di Beethoven e altri grandi compositori dell'epoca in cui il pianoforte andò affermandosi). La novità era l'applicazione di una martelliera al clavicembalo. L'idea di Cristofori era di creare un clavicembalo con possibilità dinamiche controllabili dall'esecutore; nel clavicembalo, infatti, le corde pizzicate non permettono di controllare la dinamica (anche per questo pianoforte e clavicembalo non appartengono alla stessa sottofamiglia). Il pianoforte in Italia fu apprezzato soprattutto dal compositore Benedetto Marcello.

L'idea molti anni dopo si diffuse in Germania, dove il costruttore di Organi Gottfried Silbermann nel 1726 ricostruì una copia esatta del pianoforte di Cristofori e la sottopose al parere di Johann Sebastian Bach, che ne diede un giudizio fortemente critico; successivamente, probabilmente a seguito dei miglioramenti tecnici apportati da Silbermann, Bach favorì la vendita di alcuni pianoforti del costruttore, come risulta da un vero e proprio contratto di intermediazione firmato nel 1749. I pianoforti di Silbermann piacquero molto a Federico II di Prussia, che ne comprò sette per 700 talleri (secondo la testimonianza di Johann Nikolaus Forkel, Federico acquistò negli anni più di quindici pianoforti Silbermann).

Nel 1739 un allievo di Cristofori, Domenico Del Mela, concepì e costruì il primo modello di pianoforte verticale, usando come modello il claviciterio e seguendo le idee e i progetti del proprio maestro. La cassa, posta al di sopra della tastiera, è modellata in modo da non seguire la curva del ponticello: si allarga verso l'esterno in prossimità della sua parte superiore, conferendo al pianoforte una forma a giraffa. Nel 1928 il pianoforte fu ceduto da Ugo Del Mela, discendente dell'inventore, al Conservatorio Luigi Cherubini ed è conservato presso il Museo degli strumenti musicali di Firenze.

Nel frattempo, nella bottega di Gottfried Silbermann si formò Johann Andreas Stein, che, dopo essersi reso indipendente, perfezionò ad Augusta, in un proprio stabilimento, i sistemi dello scappamento e degli smorzatori. Nel 1777 ricevette la visita di Wolfgang Amadeus Mozart, entusiasta delle infinite possibilità espressive dello strumento. I figli di Stein si trasferirono a Vienna, dove crearono una fabbrica di pianoforti.

In Italia, tra quelli che si dedicarono alla costruzione dei pianoforti (in precedenza tutti costruttori di clavicembali) nel periodo napoleonico e della Restaurazione, fu degna di fama la famiglia Cresci, di origine pisana, trasferitasi nella seconda metà del '700 a Livorno.

Il musicologo Carlo Gervasoni, nella sua opera Nuova teoria di musica ricavata dall'odierna pratica, ossia (...) del 1812, menziona i pianoforti Cresci come paragonabili in qualità e sonorità agli Érard francesi, che andavano per la maggiore a Parigi, ed erano molto apprezzati da Franz Liszt.

La meccanica dei Cresci era di tipo viennese, cioè del tipo dei pianoforti di Joseph Böhm, Conrad Graf e Johann Schantz. La scuola viennese era la più importante tra gli ultimi decenni del Settecento e i primi del '800.

Non fu un caso che Mozart, Beethoven e Haydn, tutti legati a Vienna, sviluppassero per primi le incredibili potenzialità del nuovo strumento. Quello che frenava la diffusione del pianoforte nascente era il suo altissimo costo, per cui esso andò affermandosi solo nelle corti reali, nei palazzi governativi e nei saloni delle principali famiglie nobiliari. Inoltre, il suo livello sonoro non era neppure paragonabile all'attuale e questo permetteva il suo uso solo in salotti o saloni di dimensioni relativamente contenute.

Fu in epoca romantica, dal 1840 in poi, che l'utilizzo di strutture rigide metalliche all'interno (in precedenza i pianoforti erano quasi tutti interamente in legno), con funzioni di telaio, consentì l'incremento della sonorità, grazie a più corde con tensioni maggiori e casse armoniche più grandi (e andarono affermandosi i "coda" e "gran coda", che all'epoca andavano da 220 a 260 cm). E anche il peso passò dai 180-200 kg (struttura interamente in legno) ai 300-400 (strutture in ferro), sino ai 600 e oltre di inizio Novecento (strutture in ghisa).

Questo incremento della potenza sonora consentì l'uso del Pianoforte nei grandi teatri o nelle Sale da Concerto, ma trasformò profondamente la sua qualità sonora.

Il Pianoforte attuale, apparso sul finire del XIX Secolo, ha ben poco della timbrica originale di inizio '800.

Oggi è molto diffuso chiamare "fortepiani" gli strumenti costruiti sino al 1870, a causa della grande diversità della struttura e quindi della timbrica rispetto al pianoforte attuale. Tuttavia non è sempre facile distinguere nettamente fra l'uno e l'altro tipo, perché non si tratta di strumenti diversi, ma di uno strumento che si è gradualmente evoluto; all'epoca non si avvertì mai un vero momento di stacco nel passaggio dal fortepiano al pianoforte moderno, come si desume da documenti e testi.

I primi pianoforti verticali, più economici e meno ingombranti, furono creati forse nel 1780 da Johann Schmidt di Salisburgo e nel 1789 da William Southwell di Dublino.

I costruttori francesi più famosi, Sébastien Érard e Ignace Pleyel, furono i più grandi produttori di Pianoforti del '800.

L'Érard, in particolare, era uno strumento di relativamente grande potenza sonora e di suono deciso (potremmo dire "più moderno"), che dava particolare risalto espressivo. Franz Liszt ne fece il suo preferito. A Érard si devono moltissime invenzioni e perfezionamenti, tra cui quella del doppio scappamento. Il Pleyel invece aveva una grande dolcezza e pulizia sonora ed era relativamente più faticoso e difficile da suonare, perché permetteva molte sfumature interpretative e aveva una maggiore sensibilità. Era il pianoforte romantico per eccellenza. Chopin ne fece il suo preferito (sebbene si narri che, quando era stanco, suonasse l'Érard, perché il Pleyel "gli chiedeva troppo").

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