Magistrato italiano, vittima
di Cosa nostra in Italia insieme alla moglie Francesca
Morvillo e ai tre uomini della scorta: Antonio
Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. Assieme
a Paolo Borsellino, collega e amico fino alla morte, Giovanni
Falcone è una delle personalità più importanti e prestigiose nella
lotta alla mafia in Italia e a livello internazionale.
Falcone venne assassinato in quella che
comunemente è detta strage di Capaci, il 23 Maggio 1992.
Stava tornando, come era solito fare
nei fine settimana, da Roma. Il jet di servizio partito
dall'aeroporto di Ciampino intorno alle 16:45 arriva all'aeroporto di
Punta Raisi dopo un viaggio di 53 minuti.
Il boss Raffaele Ganci seguiva tutti i movimenti del
poliziotto Antonio Montinaro, il caposcorta di Falcone, che
guidò le tre Fiat Croma blindate dalla caserma "Lungaro"
fino a Punta Raisi, dove dovevano prelevare Falcone; Ganci telefonò
a Giovan Battista Ferrante (mafioso di San Lorenzo, che era
appostato all'aeroporto) per segnalare l'uscita dalla caserma di
Montinaro e degli altri agenti di scorta.
Appena sceso dall'aereo, Falcone si
sistema alla guida della Fiat Croma bianca e accanto prende
posto la moglie Francesca Morvillo mentre l'autista
giudiziario Giuseppe Costanza va a occupare il sedile posteriore.
Nella Croma marrone c'è alla guida Vito Schifani, con accanto
l'agente scelto Antonio Montinaro e sul retro Rocco
Dicillo, mentre nella Croma azzurra ci sono Paolo Capuzza, Gaspare
Cervello e Angelo Corbo. Al gruppo è in testa la Croma marrone, poi
la Croma bianca guidata da Falcone, e in coda la Croma azzurra, che
imboccarono l'autostrada A29 in direzione Palermo. In quei
momenti, Gioacchino La Barbera (mafioso di Altofonte)
seguì con la sua auto il corteo blindato dall'aeroporto di Punta
Raisi fino allo svincolo di Capaci, mantenendosi in contatto
telefonico con Giovanni Brusca e Antonino Gioè (capo
della Famiglia di Altofonte), che si trovavano in
osservazione sulle colline sopra Capaci.
Tre, quattro secondi dopo la fine della loro telefonata, alle ore
17:58, Brusca azionò il telecomando che provocò l'esplosione di
1000 kg di tritolo sistemati all'interno di fustini in
un cunicolo di drenaggio sotto l'autostrada: la prima auto, la Croma
marrone, venne investita in pieno dall'esplosione e sbalzata dal
manto stradale in un giardino di olivi a più di dieci metri di
distanza, uccidendo sul colpo gli agenti Montinaro, Schifani e
Dicillo; la seconda auto, la Croma bianca guidata dal giudice, avendo
rallentato, si schianta invece contro il muro di cemento e detriti
improvvisamente innalzatosi per via dello scoppio, proiettando
violentemente Falcone e la moglie, che non indossano le cinture di
sicurezza, contro il parabrezza; rimangono feriti gli agenti della
terza auto, la Croma azzurra, che infine resiste, e si salvano
miracolosamente anche un'altra ventina di persone che al momento
dell'attentato si trovano a transitare con le proprie autovetture sul
luogo dell'eccidio. La detonazione provoca un'esplosione immane e una
voragine enorme sulla strada.
In un clima irreale e di iniziale
disorientamento, altri automobilisti e abitanti dalle villette vicine
danno l'allarme alle autorità e prestano i primi soccorsi tra la
strada sventrata e una coltre di polvere.
Circa venti minuti dopo, Giovanni
Falcone viene trasportato sotto stretta scorta di un corteo di
vetture e di un elicottero dell'Arma dei Carabinieri presso
l'ospedale civico di Palermo. Gli altri agenti e i civili coinvolti
vengono anch'essi trasportati in ospedale mentre la polizia
scientifica eseguì i primi rilievi e il corpo nazionale dei
Vigili del Fuoco provvide all'estrazione dalle lamiere i
cadaveri, resi irriconoscibili, degli agenti della Polizia di
Stato di Schifani, Montinaro e Dicillo. Intanto la stampa e la
televisione iniziarono a diffondere la notizia di un attentato a
Palermo e il nome del giudice Falcone trova via via conferma.
L'Italia intera sgomenta, trattiene il fiato per la sorte delle
vittime con tensione sempre più viva e contrastante, sinché il
decesso di Falcone si ebbe alle 19:05 dopo un'ora e sette minuti
dall'attentato e alcuni tentativi di rianimazione, a causa della
gravità del trauma cranico e delle lesioni interne. Morì tra le
braccia di Borsellino, senza però riprendere conoscenza. Francesca
Morvillo morirà invece sotto i ferri intorno alle 22:00.
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