24 dicembre 2025

TEATRO - ' TIMONE D'ATENE ' - W. SHAKESPEARE

Timone d'Atene, è una tragedia di William Shakespeare.

#Theater #Shakespeare 

Trama

Atto I

Timone, un ricco e munifico aristocratico ateniese, organizza un grande banchetto ove distribuisce senza parsimonia i suoi averi: tutti cercano di compiacerlo per ottenere ancora di più. L'unica eccezione è Apemanto, un filosofo il cui cinismo non è gradito a Timone. Egli accetta gli omaggi artistici di un poeta e di un pittore e anche un gioiello da un gioielliere, che regala a sua volta a uno dei suoi amici. Timone inoltre dona tre talenti per finanziare il matrimonio del suo servitore Lucilio, e riscatta anche un altro amico, Ventidio, in prigione per debiti. Timone tiene un discorso sul valore dell'amicizia, mentre la festa raggiunge il suo culmine e poi si conclude.

Atto II

Flavio, maggiordomo di Timone, è turbato poiché con la sua eccessiva generosità il suo signore ha sperperato tutto il patrimonio, e glielo fa notare quando Timone torna dalla caccia. Timone però va in collera perché a suo dire Flavio non lo avrebbe avvertito per tempo, al che il maggiordomo risponde di averci provato in precedenza, ma senza successo: ormai tutti i terreni di Timone sono stati venduti, anzi ha contratto dei debiti. A questo punto interviene Apemanto che, aiutato da un buffone, scaccia i creditori che si sono presentati a chiedere il saldo immediato dei debiti. Timone invia quindi i suoi servi a chiedere aiuto a coloro che considera suoi amici.

Atto III

Tutti i falsi amici di Timone rifiutano di prestargli aiuto finanziario. Intanto un luogotenente di Alcibiade ha ucciso un uomo in un alterco: il generale chiede clemenza al Senato, sostenendo che un crimine passionale non dovrebbe essere giudicato con la stessa severità richiesta da un omicidio premeditato. I senatori dissentono e, di fronte alle rimostranze di Alcibiade, lo condannano all'esilio; il generale giura di vendicarsi con le sue truppe. L'atto si conclude con Timone che discute con i servi la vendetta che preparerà in occasione del successivo banchetto.

Atti IV e V

Timone organizza un secondo banchetto, invitando solo coloro che l'hanno tradito. Vengono introdotti vassoi ed anfore: i falsi amici non vi trovano cibi e leccornie, ma solo sassi e acqua bollente, che Timone scaglia contro di loro prima di fuggire da Atene. Il fedele Flavio giura di ritrovarlo.

Maledicendo le mura cittadine, Timone si reca in un luogo deserto, ove dimora in una grotta e si nutre di radici. Scopre un tesoro sepolto ed è raggiunto da Alcibiade e Apemanto. Timone offre la maggior parte dell'oro ad Alcibiade per finanziare il suo assedio di Atene, che egli si augura di vedere distrutta in quanto ormai è un misantropo. Ad accompagnare Alcibiade ci sono due cortigiane, Frine e Timandra, che scambiano pungenti battute con l'amareggiato Timone riguardo alle malattie veneree. Timone dona dell'oro anche alle due donne, così come al poeta e al pittore del primo atto. Infine arriva Apemanto, che accusa Timone di imitare la sua indole pessimista, e i due si scambiano invettive misantrope.

Sopraggiunge Flavio: anch'egli chiede del denaro, ma anche che Timone torni indietro e riprenda il suo posto nella società. Timone si rende conto che Flavio è un vero amico e si duole del fatto che sia un semplice servitore. Dice dunque ai messi ateniesi, che speravano egli potesse placare Alcibiade, di andarsi a impiccare, infine muore. Mentre marcia su Atene, Alcibiade posa a terra il proprio guanto e conclude la tragedia leggendo l'amaro epitaffio che Timone si era composto:

(inglese)

«Here lie I, Timon, who alive, all living men did hate,
Pass by, and curse thy fill, but pass and stay not here thy gait.»

(italiano)
«Timone, qui giaccio; in vita tutti gli uomini odiai;
passa ed impreca pure, ma non sostare qui mai»

(William Shakespeare, Timone d'Atene)

Oppure in alternativa:

(inglese)

«Here lies a wretched corpse of wretched soul bereft:
Seek not my name: a plague consume you wicked caitiffs left!»

(italiano)
«Qui giace il misero corpo della grama anima sua ormai privato:
non cercate il mio nome: codardi malvagi, che una pestilenza vi abbia consumato!»

(William Shakespeare, Timone d'Atene)

Anche se il manoscritto originale di Shakespeare li riporta entrambi, data la loro natura contraddittoria, non è possibile che il poeta intendesse includerli entrambi e si pensa che, nel dubbio, abbia alla fine dimenticato di cancellarne uno. Il primo è una citazione di Callimaco.

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