Le Rapsodie Ungheresi (S. 244) sono una raccolta di 19 brani per pianoforte composti da Franz Liszt.
La Rapsodia n. 7 (dedicata al barone Fery Orczy) è forse il brano della raccolta più complesso e intrecciato nella struttura, ma contemporaneamente uno dei più decorati e abbelliti. Il lassan e la friska in questa rapsodia sono meno distinguibili, ma individuabili nei due tempi del brano. Il lassan entra in Lento (f e marcato assai), ed ha un tema di carattere solenne circondato da vorticose biscrome e note di abbellimento. Lo stesso tema si sposta nel registro grave, rinvigorendosi ancor più e ripetendosi più abbondante (sempre energico e con ottave ad libitum). Il breve primo tempo, finendo, conduce automaticamente ad un Vivace (identificabile come friska), composto da due temi alternati. Il tema A (in p e crescendo) appare saltellante, ricco di accordi, semicrome e mordenti. Subito si ripete variato in diverse forme: prima festoso e martellato con robusti accordi in ff, poi con accordi doppi in mf dall'aspetto più giocoso e scherzoso. Il tutto si rinforza energicamente sempre più fino ad essere interrotto da due bruschi accordi (ff). Ecco quindi comparire il tema B (in p - scherzando), meno saltellante del precedente, ma certamente più brillante. Sviluppandosi (sempre in p), si abbellisce con graziose semicrome e si ripete quasi variato ancor più nascosto dalle fantasiose "cascatelle" di note, che volteggiando spengono il tema B con una cadenza. Quindi torna il tema A (in pp), che questa volta si trasforma in briose ottave (assai rapide), le quali rafforzano l'intero brano (in fff) e festosamente esplodono nel finale con accordi ribattuti e pesanti. La tecnica si presenta nella media delle altre rapsodie, anche se tra i pezzi della raccolta, la n. 7 non è rimasta particolarmente famosa.
La Rapsodia n. 8, in Fa diesis minore, è dedicata al barone Anton Augusz, ammiratore e amico di Liszt. Ancor più della n. 7, l'ottava rapsodia è il brano più abbellito e arricchito da cadenze e trilli dell'intera raccolta. Non è tra le più famose, ma non a caso a volte è soprannominata "Il Capriccio" (per l'andamento che distingue tutto il pezzo). Un Lento a Capriccio, per l'appunto, dà inizio al tema del lassan (f mesto), avente un aspetto serio e malinconico fin dall'inizio, ma circondato da sfreccianti note di abbellimento quasi a voler "liberare" il tema dal suo carattere lento per accelerarlo "capricciosamente". All'inizio prevale il carattere triste e marcato, che ancor più si sente quando il tema viene riproposto meno acuto (dopo un lungo trillo) in un Sempre lento malinconico assai (f espressivo). È qui che cominciano a prevalere le note di abbellimento, mentre il tema si rinforza ripetendosi marcato con ottave nel registro grave, accompagnato dalla mano destra con "volanti" arpeggi di biscrome. Dopo poco il tema torna acuto in f, irrobustito da pesanti accordi, succeduti da rapidissime cadenze che dileguano il tema tra mille sfumature. Giunge ora un Allegretto con grazia (in p) che si può definire friska, il cui tema è spoglio dalle cadenze e quindi più tranquillo, ma allo stesso tempo ha un sapore assai più sereno e brioso. Tale tema si sviluppa in tutte le posizioni e poco a poco si arricchisce con fantasie e si alterna con ampi arpeggi in sestine (f brillante). Un crescendo e una cadenza "schizzante" portano ad un Presto giocoso assai (in ff), costituito da vibranti accordi scherzosi e vorticanti (strepitoso), che terminano "fulmineamente" in un fff. Tecnicamente è simile alla rapsodia n. 7, anche per l'agilità richiesta negli abbellimenti, tuttavia è interpretata più spesso rispetto alla precedente.
Rapsodia Ungherese n. 9, Pesther Carneval
La Rapsodia n. 9 è uno dei brani più importanti della raccolta e Liszt la dedicò al compositore ceco Heinrich Wilhelm Ernst. È un brano imponente e di enorme brillantezza musicale, ha una durata di circa 11 minuti ed è intitolato Pesther Carneval (ovvero "Il carnevale di Pest"). È una delle poche rapsodie ad avere un titolo che indirizza l'ascoltatore al tema del brano, benché Liszt fosse il compositore della sua epoca più sviluppatore della Musica a programma. Come indica il titolo, il brano è una grande rappresentazione di un carnevale a Pest, con danze e balli in maschera tipici di questa festività. Un Moderato mostra subito il tema deciso e f. Immediatamente questo si smorza e un'introduzione silenziosa anticipa il tema, il quale si consolida (in p) nell'immediato Sempre moderato a capriccio, dove (f con grazia) inizia a svilupparsi. Sin dal principio appare il suo ritmo da ballo in maschera, tranquillo ed elegante. Sviluppandosi, cresce e si abbellisce sempre di più con trilli e rapide note arpeggiate, diventando da scherzoso e saltellante a maestoso e colorato. Una lunghissima cadenza sfocia in un Allegretto, che modifica il tema e lo rende assai giocoso e vivace. Questo andamento, scandito da robusti accordi e arricchito da molte note (ff), in breve emerge e si alterna con delle guizzanti semicrome, staccate e in p (dolce con grazia). Il tema acquista ancor più fantasia con una volante cadenza, e poco dopo si chiude con un lungo arpeggio in diminuendo. Il Presto Finale apre un ballo in maschera questa volta assai rapido e festoso, poi con l'Allegretto torna il carattere grazioso e a capriccio. Ma ecco di nuovo il Presto, questa volta ripetuto in p e in un fugace crescendo, che raggiunge un Più animato (fff tumultuoso) colmo di robusti accordi. Tutto ciò declina nel poderoso Allegro moderato, dove il tema è tramutato in grandiosi e solenni accordi che marcano tutta la tastiera e risuonano in ogni forma festosa e trionfante. Incalzando e stringendo fine al Presto giunge una cascata di note e accordi, che in un brioso crescendo confluisce nell'ultimo Presto (fff), nel quale finalmente arpeggi e sfavillanti ottave alternate cessano il brano. Lo stile e la struttura della nona rapsodia fanno sì che sia del tutto indipendente dai classici tempi di lassan e friska, mentre il suo spirito carnevalesco ne fa uno dei brani meglio noti del compositore ungherese.
Rapsodia Ungherese n. 10, Preludio
La Rapsodia n. 10, dedicata al compositore ungherese Béni Egressy, è considerata tra i brani più noti della raccolta, soprattutto per il suo caratteristico stile tipicamente ungherese, presente in special modo in questa rapsodia. È raramente proposta con il titolo di Preludio, proveniente dal nome del primo tempo, che poi, data la struttura libera e breve del brano (simile appunto ad un Preludio), si è esteso a tutta la rapsodia. Il primo tempo (in Mi maggiore) è una brevissima introduzione al tema formata da tre robusti glissandi a due voci e cinque accordi marcati in ff. Subito di seguito un Andante deciso (sempre in Mi maggiore e in f) anticipa il tema in forma variata con diversi colori e sfumature (dolce con eleganza), mentre sin dall'inizio lascia trasparire il carattere spensierato e "danzante" che costituisce l'intero brano. Il tema non tarda ad arricchirsi con graziosi abbellimenti e trilli, che ne rendono ancor più fantasioso l'aspetto. Una sfumante cadenza interrompe il sapore giocoso del primo tempo e lascia spazio ad un Allegretto Capriccioso (in Mi minore), dove si ha un primo "assaggio" del tema principale nel registro grave, staccato e in p. Questo, sempre assai capriccioso e saltellante, si sposta in chiave di violino con delle ottave e comincia anch'esso a variare al fine di imitare degli strumenti tipici delle danze tipo quella riprodotta nel tema. Per esempio il Cimbalom, strumento tipico della tradizione magiara, è imitato in un tremolante trillo nel registro acuto (pp quasi zimbalon). Ecco allora che un Vivace in Do maggiore, composto solamente da lunghi glissandi in crescendo, introduce il tempo successivo e si ripete per due volte sino a condurre finalmente al tema principale nel Più Animato, questa volta chiaro e deciso (sempre forte brioso) e di nuovo in Mi minore. Con carattere brillante e superbo, il tema prosegue in ottave alternate tra le due mani e poi in un Vivacissimo giocoso assai (in ff), tornando in Mi maggiore. Il tutto, con un accelerando, stringe molto in una serie di accordi ribattuti (sf e molto decisi) che pongono fine al pezzo. La decima rapsodia è, sostanzialmente, una lunga introduzione e variazione al tema finale del brano, che esplode poi trionfante. Si dimostra interessante tecnicamente soprattutto per il suo curioso tempo costituito interamente da glissandi, inoltre la sua forma libera è indipendente dai tempi di lassan e friska.
La Rapsodia n. 11, dedicata (come la n. 7) al barone Fery Orczy, ha una durata di circa 5 minuti e non è particolarmente nota tra le altre rapsodie. Come la precedente, la n. 11 è del tutto costituita da una danza magiara questa volta specificatamente zigana e di chiaro timbro popolare. Il primo tempo è un Lento a Capriccio (in p) e inizia con dei lunghi tremoli di semi-biscrome che, come nella decima rapsodia, cercano di imitare gli effetti del Cimbalom (quasi zimbalon una corda), riproducendo così i suoni tipici della tradizione e colorando in tal modo tutto il brano. I tremoli, circondati da abbellimenti e sequenze di semibiscrome, compongono anche il tema (f energico) che giunge poco dopo deciso e sempre con l'intento di imitare il Cimbalom. In p non legato il tema poi muta in graziosi e fantasiosi arpeggi che si abbelliscono e si trasformano continuamente. Segue quindi un Andante sostenuto (definibile lassan) dal timbro più pianistico e meno "Cimbalom", nonostante rimanga assai arricchito con trilli e decorazioni (quasi forte, altieramente). Qui il tema diventa più ritmico e scandito da accordi sostenuti e diventa più manifesta la melodia ungherese. Un Vivace assai rende di nuovo il tema arpeggiato e colorato, ma sempre pianistico. Stringendo, quattro grossi accordi precedono un ampio arpeggio doppio (in ff) che immediatamente si tramuta nel Prestissimo finale (definibile friska), costituito da un vivacissimo motivetto (mf) dal sapore assai zigano che, ripetendosi due sole volte, si rinforza e conclude il brano. Globalmente l'undicesima rapsodia si dimostra interessante nella palese imitazione del Cimbalom (che costituisce tutta la prima parte) e nell'evidenza delle melodie etniche zigane e ungheresi, forse più presenti qui che in tutte le altre rapsodie.
La Rapsodia n.12, dedicata a Joseph Joachim, è una delle più complesse e delle più belle anche se non è spesso eseguita. È in do diesis minore ed è costruita attorno ad una molteplicità di temi che si alternano per tutta la durata del pezzo. Il primo tema è enunciato nelle prime 6 battute ed è caratterizzato da una proposta in do diesis minore, di carattere solenne e drammatico (btt. 1-3) e da una risposta positiva alla dominante sol diesis (btt. 3-6). Alla battuta 7 entra un nuovo tema, più vario e ornato tanto da assomigliare all'ingresso di un cantante sulla scena del teatro; esso è in tonalità di la maggiore, introdotta dagli accordi di 7° sul mi che la accostano alla tonalità di impianto, e termina sospeso su un II in 7° di do diesis che, tramite una cadenza strumentale (btt. 12-16) ritorna alla dominante del do diesis minore. Dalla battuta 17 alla 29 i due temi finora esposti vengono riproposti variati con l'aggiunta di alcune ornamentazioni quali trilli, gruppetti e rapide scale cromatiche che mimano le percussioni dell'orchestra. Alla battuta 34 termina sostanzialmente il primo episodio, il Lassan, e comincia una nuova sezione con differente agogica e nuovi temi che nel corso del brano si intrecceranno fino all'apoteosi finale. Da battuta 35 alla 109 inizia un nuovo episodio in mi maggiore, Allegro alla zingarese, che contrasta nettamente con la zona precedente. Il tema di questo episodio è caratterizzato dalla continua riproposizione di un breve inciso (btt 35-42) in mi maggiore a cui seguono 10 battute (btt. 42-52) di risposta che modulano di nuovo a do diesis minore. Da battuta 53 a battuta 87 il tema ora esposto viene variato due volte con sempre più ornamentazioni a decorarlo, accentuando il virtuosismo dell'esecutore. Alle battute 88 a 104 una piccola sezione di ponte ottenuta richiamando il gesto dell'introduzione (però in p) modula dolcemente a fa diesis maggiore creando una grande cadenza plagale per l'avvento della ripresa (anche se l'arrivo del do diesis minore può sembrare improvviso). Dalla battuta 105 alla 127 vi è una ripresa nuovamente variata di tutta la prima area tematica che confluisce direttamente a re bemolle maggiore in cui compare il quarto ed ultimo tema e da inizio alla Friska vera e propria, la sezione più vivace e allegra della rapsodia. Alle batt. 128-137 entra il tema della Friska vero e proprio in re bemolle maggiore accompagnato dalla sua ripetizione variata (btt. 139-155) e dalla ripetizione variata con doppie terze del piccolo ponte (btt. 156-186) che con una lunga cadenza porta alla stretta finale (btt. 189-290) che in un susseguirsi di abbellimenti che esaltano il virtuosismo dell'esecutore ripropongono tutti i temi della rapsodia, compreso il primo drammatico inciso e portano alla conclusione in re bemolle maggiore in ff.
Nessun commento:
Posta un commento