11 dicembre 2025

MUSICA - 12 STUDI DI ESECUZIONE TRASCIDENTALE - FRANZ LISZT - SECONDA PARTE

I 12 studi di esecuzione trascendentale (Études d'exécution transcendante) sono composizioni pianistiche di Franz Liszt, composte tra il 1826 e il 1851.

#Music #Liszt #Piano

N. 7 Eroica, in Mi bemolle maggiore

Un'introduzione dal gusto quasi da ouverture orchestrale (che presenta forti analogie con una delle prime composizioni del giovanissimo Liszt, variazioni su una melodia di Spontini e Rossini) conduce al tema del brano, in tempo di marcia, in mi bemolle maggiore, che viene riproposto numerose volte durante il brano, costantemente decorato da veloci volate della mano destra dall'alto verso il basso, che costituiscono l'elemento tecnico principale dello studio, assieme ai frequenti passaggi in doppie ottave, che uniscono le varie riproposizioni del tema e che, nella parte finale contribuiscono, con sonorità enfatiche, a creare l'effetto di "eroicità", di epico e magniloquente respiro evocato dal titolo.

N. 8 Wilde Jagd (Caccia selvaggia), in Do minore

Il titolo, in tedesco (contrariamente agli altri, in francese e in italiano) e il carattere stesso del brano derivano dalla leggenda d'area tedesca della caccia selvaggia, che rappresenta un'apparizione di esseri sovrannaturali che attraversano il cielo impegnati in una furiosa e terribile battuta di caccia. Infatti i rumori della caccia, gli schiocchi di frusta, i corni e le urla sono rappresentati in questo celebre studio, assai impegnativo ritmicamente e che richiede grande controllo tecnico e soprattutto energia e scioltezza dei polsi a causa dei suoi accordi pieni, potenti e velocemente ribattuti, che devono essere il più chiari e nitidi possibile e con timbrica molto brillante. L'indicazione iniziale presto furioso inquadra subito la violenza sonora del brano, che pervade tutta la prima parte, sino al secondo tema, in tonalità maggiore, sincopato e staccato, seguito da un altro tema (a capriccio quasi improvvisato) costituito da un lirico e appassionato canto di note tenute della mano destra, accompagnato da fluenti cascate di terzine e che successivamente cresce d'intensità (fff'). In seguito c'è l'incalzante riproposizione in sequenza di tutti i temi, variamente arricchiti da figurazioni molto sincopate e caratterizzate da forti e veloci accordi ribattuti, ampi salti e sferzanti arpeggi, sino al robusto finale.

N. 9 Ricordanza, in La bemolle maggiore

Studio lungo (rispetto alla media degli altri), è una romanza sognante ed evocativa, dove la ricordanza del titolo (il ricordo, la rimembranza) traspare dal sapore nostalgico e dolcissimo dei temi e dalle sonorità evanescenti. La caratteristica principale di questo studio, dal tempo lento, spesso rubato ma timbricamente assai difficile, è l'abbondanza dell'ornamentazione: l'intero brano è una serie di variazioni ornate del tema, ricche quindi di velocissime e leggere volatine di tutti i tipi possibili (volatine cromatiche, evanescenti arpeggi, volatine a due mani etc.), di realizzazione assai difficile specie in relazione alla sonorità raffinate e soffuse del brano e problematiche per mani non agili nella rapida micro-articolazione.

N. 10 Allegro, agitato molto, in fa minore

Liszt non gli diede un titolo programmatico ma nel tempo è invalso l'uso di chiamarlo appassionata, certamente in virtù del suo ardente impeto e la sua appassionata drammaticità. Molto popolare (anche come brano da bis di gran classe), è certamente uno degli studi tecnicamente più difficili e musicalmente più riusciti nell'organizzazione delle idee musicali e nella riuscita estetica. Non enfatizza una tecnica pianistica in particolare ma ne comprende molte, essendo molto ricco. Introdotto da due battute in cui le mani alternano una cascata di stretti accordi, il tema principale è un chiaro omaggio allo studio op. 10 n. 9 di Chopin, della stessa tonalità di Fa minore. La difficoltà principale dello studio consiste nell'instancabile attività della mano sinistra, ricca di veloci e complicati arpeggi che accompagnano il lirico tema della destra (spesso in ottave). Un ponte di arpeggi trillati della mano destra introduce un secondo tema, molto drammatico e impetuoso, affidato a forti accordi della mano sinistra, mentre la destra ricama brucianti arpeggi. Una furiosa (tempestoso) sequenza di accordi sincopati introduce nuovamente il tema principale, appassionato, via via crescente d'intensità (disperato), seguito nuovamente dal ponte, dal secondo tema, da profondi accordi arpeggiato (precipitato) e dalla stretta finale, un vigoroso crescendo in ottave in controtempo su pesanti accordi di decima.

N. 11 Harmonies du soir (Armonie della sera), in re bemolle maggiore

Studio tra i più conosciuti, inizialmente molto lento e contemplativo e poi via via più mosso, dalle sonorità dolcissime e avvolgenti ma non per questo di facile esecuzione. Il titolo è ispirato alla poetica dello scrittore e poeta francese Alphonse de Lamartine (1790-1869), più volte spunto creativo per Liszt. Esiste comunque anche una poesia di Charles Baudelaire dal titolo identico e appartenente alla raccolta I fiori del male, pubblicata sei anni dopo lo studio di Liszt. Le difficoltà tecniche, non indifferenti, consistono nei lunghi arpeggiati, nella ricerca timbrica, in salti d'ottava e ampi accordi ribattuti. Il brano inizia con un'atmosfera pacata, crepuscolare, con campane lontane su un tappeto di accordi arpeggiati e armonie dai ricercatissimi colori. Questa introduzione sfocia in una sezione più sonora di ampi accordi strettamente arpeggiati (un poco animato), che ripropone il tema, subito dopo ribadito in un'altra sezione dalla sonorità impalpabile (ppp, poco più mosso) con accompagnamento di arpeggi di quinte sovrapposte, e che cresce di sonorità sino al ff. Rilevante è l'intimo adagio centrale in Mi maggiore, in cui un dolce canto è accompagnato da arpeggi quasi arpa divisi tra le due mani, e che più avanti sfocia in una trionfante (come annotato da Liszt) ripetuta riesposizione del tema, più animato, con accordi molto ampi e sonori (ff sino al fff), sino a diminuire d'intensità nel finale, che ritorna nella quieta e dolce atmosfera crepuscolare dell'inizio, con morbidi accordi arpeggiati e raffinate timbriche.

N. 12 Chasse-neige (scaccianeve), in si bemolle minore

Il titolo significa letteralmente scaccia-neve e si riferisce al fenomeno dello scaccianeve, ossia dei turbini di neve sollevata dal suolo da un vento molto forte e tempestoso; è un fenomeno tipico dell'alta montagna e Liszt lo conobbe certamente nelle Alpi Svizzere. Il titolo si addice come pochi altri alla rappresentazione poetica in musica realizzata da Liszt in questo studio, che Busoni giudicava il più perfetto esempio di connubio tra l'immagine evocata dalla parola e la musica stessa. Nonostante apparentemente possa essere sottovalutato dai non-pianisti, se rapportato a studi in cui il virtuosismo è più sfacciatamente evidente ed è accoppiato a impeto e violenza sonora, dal punto di vista pianistico Chasse-neige è uno studio di difficoltà tecnica elevatissima e che fa realmente onore al termine trascendentale; infatti, la perfetta resa della sua caratteristica più evidente, cioè il tremolo (in entrambe le mani) che caratterizza il brano dall'inizio alla fine, e inoltre dei continui salti e delle vertiginose doppie scale cromatiche si può raggiungere solo con una tecnica superiore, trascendentale. Il brano presenta un mesto canto in evidenza, dall'inizio alla fine, ottenuto da note (spesso ottave) marcate dalla mano destra, spesso con continui salti, mentre le altre dita di entrambe le mani creano, con infinite variazioni nell'utilizzo della tecnica del tremolo (note singole, bicordi, accordi di tre note etc.), un sottofondo sonoro continuo, nel quale le note si fondono, che rappresenta il sibilare del vento e della neve sotto un opprimente cielo. Alcune vertiginose e lunghe scale cromatiche, verso la fine, rappresentano folate improvvise di forte vento.

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