Il Ritratto dei coniugi Arnolfini è un Dipinto ad Olio su tavola, del Pittore Jan van Eyck, realizzato nel 1434, conservato nella National Gallery di Londra, Inghilterra.
L'Opera è uno dei più antichi esempi conosciuti di pittura che ha come soggetto un ritratto privato, di personaggi viventi, anziché le consuete scene religiose.
Mostra la coppia in piedi, riccamente abbigliata, che si trova dentro la stanza da letto, mentre l'uomo, Giovanni Arnolfini, fa un gesto verso lo spettatore che può essere interpretato in vari modi, dalla benedizione, al saluto, al giuramento (anche di fedeltà alla memoria). La moglie gli offre la sua mano destra, mentre appoggia la sinistra sul proprio ventre, con un gesto che ha fatto pensare a un'allusione a una gravidanza futura o prossima. La posa dei personaggi appare piuttosto cerimoniosa, praticamente ieratica; questi atteggiamenti sono probabilmente dovuti al fatto che si sta rappresentando la celebrazione di un matrimonio o la commemorazione di una defunta, dove tale serietà è del tutto appropriata.
La stanza è rappresentata con estrema precisione ed è popolata da una grande varietà di oggetti, tutti raffigurati con un'attenzione estrema al dettaglio. Tra questi oggetti spicca, al centro, uno specchio convesso, dettaglio giustamente celebre ed enigmatico, dove il pittore dipinse la coppia di spalle e il rovescio della stanza, dove si vede una porta aperta con due personaggi in piedi, uno dei quali potrebbe essere il pittore stesso.
Ancora oggi gli storici dell'arte discutono sul significato e lo scopo dell'opera: la tesi proposta da Erwin Panofsky nel 1934 è che si tratti della rappresentazione del matrimonio della coppia e di un'allegoria della maternità, a cui alluderebbero i numerosi simboli sparsi nella stanza. Varie altre interpretazioni hanno, tuttavia, permesso di elaborare punti di vista differenti, che hanno messo in dubbio la tesi stessa di Panofsky.
La soluzione che appare più probabile è che si tratti del giuramento tra gli sposi prima di presentarsi al sacerdote. Tale rituale avveniva tramite una promessa di matrimonio a mani congiunte, che aveva valore giuridico e richiedeva la presenza di due testimoni: per questo, più che al matrimonio in sé, il dipinto alluderebbe al momento del fidanzamento.
In questo senso il quadro, con la sua esattezza fotografica, rappresenterebbe proprio il documento ufficiale dell'avvenuto giuramento, come sembra suggerire anche la particolare firma dell'artista («Jan van Eyck fu qui»), più simile, nella forma e nella disposizione, a una testimonianza notarile, piuttosto che a una certificazione autografica dell'opera (come avrebbe potuto suggerire un ben più consueto «Johannes de Eyck fecit»). Può anche darsi che van Eyck volesse indicare come il ritratto venne preso dal vero, in sua presenza: è possibile che avesse eseguito uno schizzo dei protagonisti in una o più sessioni di posa e poi avesse realizzato il dipinto nei mesi successivi.
Altra ipotesi suggestiva è che si tratti di un omaggio del mercante Arnolfini alla prima moglie, ricordando attraverso il dipinto il momento della loro promessa di matrimonio; forse la mano sul grembo testimonia l'attesa di un erede che Costanza Trenta stava per dargli o che non giunse a causa della morte di lei.
Si è parlato anche di un possibile esorcismo o cerimonia per recuperare la fertilità, poiché Arnolfini e la sua (seconda) moglie non ebbero figli. In tal caso si tratterebbe non della moglie defunta ma della seconda, Giovanna Cenami. Questo tipo di cerimonie per recuperare la fertilità era abituale all'epoca. Infatti dietro le mani unite dei protagonisti vi è una gargolla sorridente che potrebbe simbolizzare il male incombente sul matrimonio, come punizione del fatto che Giovanni Arnolfini poteva essere stato un donnaiolo e un adultero.
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