L'albero degli zoccoli è un film del 1978 diretto da Ermanno Olmi, vincitore della Palma d'oro al 31º Festival di Cannes.
#Movie #cannes #Olmi #Bach #Organ #History
In una cascina di pianura a Palosco, nella campagna bergamasca, tra l'autunno 1897 e la primavera 1898, vivono quattro famiglie di contadini.
Il film è strutturato in quattro differenti episodi che ripercorrono le vicende delle quattro famiglie che abitano la cascina dove il film è ambientato. Gli episodi si intersecano tra loro nella narrazione degli eventi che proseguono e si alternano col trascorrere le stagioni, proprio come le stagioni determinavano il passare della vita contadina nelle campagne.
Mènech (Domenico), un bimbo di sei anni sveglio e intelligente, deve fare 6 chilometri per andare a scuola. Un giorno torna a casa con uno zoccolo rotto. Non avendo soldi per comprare un nuovo paio di scarpe, il padre Batistì (Battista) decide di tagliare di nascosto un albero di ontano per fare un nuovo paio di zoccoli al figlio. Il padrone della cascina però viene a saperlo e alla fine viene scoperto il colpevole: la famiglia di Mènech, composta dal padre Batistì, dalla moglie Battistina e dai tre figli di cui uno ancora in fasce, caricate le povere cose sul carro, viene cacciata dalla cascina.
Accanto a questa vicenda che apre, chiude e dà il titolo al film, si alternano episodi dell'umile vita contadina della cascina, contrassegnata dal lavoro nei campi e dalla preghiera. La vedova Runch (Ronchi), a cui è da poco mancato il marito, è costretta a lavorare come lavandaia per poter sfamare i suoi sei figli, il maggiore dei quali, di 14 anni, viene assunto come garzone al mulino. Anche in questa situazione d'indigenza non viene mai a mancare la carità verso i più poveri, come Giopa, un mendicante che si reca da loro in cerca di cibo. A peggiorare la situazione, la mucca da latte della famiglia si ammala, tanto che il veterinario, fatto chiamare dal paese, consiglia loro di macellarla, considerandola spacciata. Tuttavia la vedova riempie un fiasco d'acqua presso un fontanile benedetto che scorre accanto alla cappellina del locale lazzaretto implorando la grazia al Signore e fa bere l'acqua benedetta alla mucca. L'animale dopo alcuni giorni guarisce. Con loro vive anche nonno Anselmo, padre della vedova, un ingegnoso e saggio contadino. Sostituendo in gran segreto, con la complicità della nipote Bettina, lo sterco di gallina a quello di mucca come concime, riesce a far maturare i propri pomodori un mese prima degli altri. Anselmo è molto amato dai bambini ed è il continuatore della cultura popolare, fatta di proverbi e filastrocche, che si tramanda oralmente di generazione in generazione.
Altra vicenda narrata è il timido corteggiamento di Stefano a Maddalena, fatto d'intensi e casti sguardi e pochissime parole. Significativo è il loro primo incontro in cui Stefano, dopo aver seguito a pochi passi di distanza Maddalena lungo il sentiero per un lungo tratto, le chiede il permesso di salutarla: la giovane, dopo un breve silenzio, dà l'assenso, Stefano allora la saluta, lei ricambia il saluto e si separano. I due alla fine si sposano e si recano il giorno stesso in barca a Milano, agitata dai moti del maggio 1898 con la repressione del generale Fiorenzo Bava Beccaris, per andare a trovare in un convento di bambini esposti suor Maria, zia di lei. Su richiesta della religiosa adottano un bambino di nome Giovanni Battista.
La quarta e ultima famiglia che vive nella cascina è quella del Finàrd (Finardi). Essa è composta da padre, madre, tre figli e il nonno. Una peculiarità di questa famiglia sono i litigi, frequenti e violenti, tra il padre autoritario e il figlio maggiore accusato di non lavorare mai abbastanza (è alcolista). Un giorno Finàrd, alla festa del paese in mezzo alla folla che assiste a un comizio socialista, trova una moneta d'oro da 20 lire (un marengo). Tornato in cascina, la nasconde nello zoccolo del suo cavallo. Dopo qualche tempo cerca di recuperare la moneta. Accortosi che non c'è più, incomincia a inveire contro il cavallo che s'imbizzarrisce. Per calmare il Finàrd, che si è preso un malanno per la rabbia, la moglie chiama la donna del segno che gli dà una pozione.
La colonna sonora, composta di brani per organo di Johann Sebastian Bach, eseguita all'organo da Fernando Germani e di canzoni popolari e contadine, risulta poco invadente quanto efficace nel rimarcare alcune situazioni salienti come il taglio dell'albero.
«Già mentre scrivevo la sceneggiatura mi resi conto che la scelta delle musiche per questo film sarebbe stato un momento delicato: non avevo idee precise e anche le poche soluzioni che mi venivano in mente non mi piacevano e le scartavo quasi subito. Durante le riprese mi tornava ogni tanto il pensiero di "quale musica" ma ogni volta rinviavo ad un altro momento aspettando che quasi fosse la musica a trovare me invece del contrario. E si può dire che è avvenuto proprio così. Per avere un'idea del ritmo di montaggio di certe sequenze di solito provo ad accostare alle immagini brani di musica qualsiasi e la cosa più o meno funziona sempre.. Questa volta, stranamente, il film rifiutava qualsiasi tipo di musica, come se le atmosfere della campagna e le vicende dei contadini appartenessero ad un mondo diverso (a una cultura diversa). Alla fine quasi per rassegnazione, provai con una Sonata per organo di Bach, e subito mi resi conto che avevo finalmente trovato la musica per il mio film. Qualcuno ha detto che Bach è forse un tocco eccessivamente aristocratico per un film sui contadini. Non sono d'accordo. Credo che la grandezza di Bach, come la poesia, non sia né aristocratica né popolaresca ma semplice ed essenziale come la verità. Perciò sono convinto che il mondo contadino e la musica di Bach si conoscessero e andassero d'accordo ancora prima che si incontrassero nella colonna sonora dell'Albero degli Zoccoli.»
Nessun commento:
Posta un commento