10 dicembre 2025

MUSICA - 12 STUDI DI ESECUZIONE TRASCIDENTALE - FRANZ LISZT - PRIMA PARTE

I 12 studi di esecuzione trascendentale (Études d'exécution transcendante) sono composizioni pianistiche di Franz Liszt, composte tra il 1826 e il 1851.

Storia

La prima versione risale al 1826, quando Liszt era solo quindicenne, pubblicata dall'editore marsigliese Boisselot con il nome Études en douze exercices; l'intenzione di Liszt era di scrivere quarantotto esercizi in tutte le tonalità minori e maggiori, sul modello del suo maestro Carl Czerny ma si fermò a dodici. Questa versione embrionale risulta op.1 S.136 nel catalogo delle opere di Liszt.

La seconda versione risale al 1837 e fu pubblicata contemporaneamente a Parigi, Milano e Vienna sotto il titolo Douze grandes études, S.137 nel catalogo delle opere. Si tratta di una vigorosa e radicale riscrittura dell'acerbo materiale del 1826 e i dodici studi che ne risultano sono ricchi di accorgimenti tecnico-strumentali assai avanzati e sono di difficoltà strumentale altissima, ai limiti della corretta eseguibilità.

La terza e ultima versione è quella del 1851, S.139, che è quella che viene più spesso suonata, dedicata a Czerny. Si tratta di una revisione della versione del 1837 che ne attenua la difficoltà (riportandola su un piano più accettabile, seppure notevole), ne acuisce l'eleganza e ne nobilita il disegno formale complessivo, ripulendo un po' il materiale musicale da una scrittura talvolta eccessivamente sovraccaricata da figurazioni tecnicistiche.

I dodici studi

N. 1 Preludio, in Do maggiore

Dal carattere improvvisativo, quasi un preludiare per sciogliersi le dita, è un breve pezzo dal sapore programmatico su quello che sarà la raccolta. Senza seguire uno schema predefinito Liszt inserisce in questo pezzo alcune tra le difficoltà su cui i didatti della tastiera si erano già ampiamente espressi rielaborandole ed interpretandole in maniera nuova. Ecco quindi che la semplice figurazione ritmica a quartina con cui si aprono varie raccolte di studi precedenti viene utilizzata in modo inaspettatamente cromatico ed estesa su tutta la tastiera. I pesanti accordi modulano ampiamente fuori dal do maggiore dello studio e sono a 4 note per mano. Una serie di robusti trilli nel registro grave introduce una sequenza di arpeggi di do maggiore e la minore (in tutti i rivolti), che si susseguono vorticosamente per tutta la tastiera.

N. 2 Molto vivace , in La minore

Talvolta intitolato fusées o talvolta "fuochi d'artificio" (razzi, in francese), lo studio n.2 viene spesso eseguito di seguito al brevissimo studio n.1 e ne interrompe il luminoso accordo di do maggiore nel registro acuto con un incisivo disegno di quattro note ribattute, che costituisce l'asse portante dell'intero brano. Brano dal piglio aggressivo e dal ritmo leggermente ambiguo (è in 3/4 ma è facile equivocarlo in 6/8), deve il suo titolo spurio fusées alle frequenti impennate delle mano destra verso il registro acuto della tastiera, specie nella parte centrale, dove viene richiamata vagamente l'immagine di scoppiettanti fuochi d'artificio che sprizzano verso l'alto. Altre caratteristiche dello studio sono i frequenti intervalli dissonanti di seconda, le terze rapidamente ribattute dalle mani alternate, il rapido controtempo tra la mano destra (quasi sempre in levare) e la mano sinistra, che alterna riproposizioni del ritmo delle quattro note iniziali in varie forme a vigorose sequenze d'ottava, i bruschi salti di accordi di tre note in zone lontane della tastiera, che introducono un finale assai vigoroso e acceso.

N. 3 Paysage (paesaggio), in fa maggiore

Lo studio n.3 deve il suo titolo (originale) all'evocazione di una pacata e dolce scena bucolica, in tempo di 6/8. Marcato come poco adagio all'inizio, si anima leggermente nella parte centrale. Considerato lo studio meno difficile dal punto di vista tecnico tra i dodici (assieme al primo, la cui estrema brevità lo rende ugualmente meno difficile degli altri), è uno studio d'espressione, del controllo timbrico, ricco di melodie cantate, di legato e di note tenute nella mano sinistra. Comprende comunque dei passaggi non semplici per via dell'estensione richiesta nella mano sinistra, una certa varietà ritmica negli accenti (inclusi alcuni efficaci passaggi ad hemiola) ed un crescendo (e stringendo) che si stabilizza in un robusto ff (largamente, appassionato assai) con lo scavalcamento della mano sinistra che canta nel registro medio-alto, sviluppando una bella e piena sonorità. Dopo quest'episodio, lo studio si attenua sino a spegnersi nella dolce sonorità dell'inizio.

N. 4 Mazeppa, in re minore

Ispirato alla ballata Mazeppa di Victor Hugo, è uno dei brani più popolari e riusciti di Liszt, da cui il compositore ungherese trarrà successivamente l'omonimo poema sinfonico per orchestra. Difficile, di importante impegno virtuosistico, strutturalmente abbastanza semplice in quanto incentrato sul tema iniziale in re minore (che segue una volante introduzione-cadenza di veloci scale all'ottava), sviluppa questo tema in svariati modi. L'allegro iniziale è sottolineato da un sempre fortissimo e con strepito che ne connota subito l'impronta furente e incalzante. Il tema principale, che richiama sempre una cavalcata del condottiero Mazeppa legato al dorso del cavallo, viene prima introdotto da pesanti accordi, riempiti tra uno e l'altro da veloci terze suddivise tra le due mani, e poi viene successivamente riproposto sempre più veloce e serrato, sempre ff, mentre il collegamento tra le diverse riproposizioni è affidato a vertiginose sequenze di doppie ottave. Nella parte centrale, il tema viene proposto in si bemolle maggiore, lirico e appassionato, affidato agli stretti arpeggiati della mano sinistra, mentre la destra ricama veloci figurazioni di arpeggi con terze. Successivamente il canto passa alle ottave tenute della mano destra, accompagnate da disegni d'accordi dal basso cromatico. Una sequenza di potenti doppie ottave riporta il brano al carattere iniziale, con il tema in re minore (animato, in 6/8) più incalzante, e successivamente (allegro deciso, 2/4) ancora più veloce, caratterizzato da veloci salti di doppie ottave in battere e secche acciaccature di terze in levare. Una serie di veloci arpeggi d'ottava della mano destra introduce la parte finale, molto drammatica: la caduta dell'eroe, un quasi-recitativo lento e sospeso e infine un grandioso e trionfante finale in re maggiore, con acuti squilli di tromba e grandiosi e festosi accordi in ff. Liszt stesso, infatti, al termine della composizione cita il verso di Victor Hugo "Il tombe enfin!... et se relève roi!" ("cade infine, e si rialza re").

N. 5 Feux follets (fuochi fatui), in Si bemolle maggiore

È un luminoso esempio di come un difficilissimo studio di importante valenza didattica, che mette a dura prova lo studio di tecniche precise (trillati di terze, quarte, quinte e seste innanzitutto), sia contemporaneamente un riuscitissimo brano da concerto, assai popolare per la sua resa estetica ancor prima che per la sua spettacolarità virtuosistica. I fuochi fatui del titolo sono rievocati dagli arpeggi e scalette leggeri e veloci, guizzanti e scintillanti, e dall'atmosfera scherzosa e magica che caratterizza il pezzo. All'inizio è subito introdotto uno dei disegni principali del brano, la legata e leggera veloce sequenza di seconde maggiori e minori, dal sapore cromatico, che si troverà poi per tutto il pezzo, in entrambe le mani. Dopo i guizzi dei primi fuochi fatui, quasi esitanti, alquanto incerti armonicamente (leggerissimi arpeggi di triadi lontane tonalmente tra loro), il tema principale del brano, sempre assai cromatico, viene fuori dalla nota superiore di lunghi trillati legati di terze, quarte, quinte, seste, che costituiscono l'elemento più significativo dello studio e che si trovano in infinite combinazioni, in entrambe le mani. Una sezione in la maggiore porta il brano su sonorità più staccate, sempre leggere ma con punte robuste (ff). Dopo il ritorno all'atmosfera iniziale, i magici fuochi fatui si dissolvono nel finale con una serie di leggeri e "sospesi" arpeggi con la quinta eccendente (soluzione molto simile alla fine dello studio Gnomenreigen S.145, che ne condivide l'atmosfera magica e beffarda).


N. 6 Vision (visione), in sol minore

È uno studio di fortissima impronta tecnico-didattica, che non urta comunque con il suo valore artistico ed estetico e con la sua visione, inizialmente funebre e greve ma successivamente via via più luminosa. Basato su un tema che nello sviluppo del discorso viene ripresentato più volte in armonizzazioni e figurazioni pianistiche differenti, è un brano che testimonia la volontà di Liszt di cercare nuove possibilità espressive nel pianoforte. Dopo un inizio pesante e lugubre, con cupi e lenti bicordi quasi campane, basato su un marcato tema della mano destra nel registro grave, decorato da veloci e larghi arpeggi della mano sinistra, anche la mano destra partecipa alla complessa figurazione di rapidissimi e leggeri arpeggi, con la melodia che emerge dalle note marcate. Un lento crescendo che sfocia in una tempestosa sequenza cromatica di doppie ottave introduce la tonalità di sol maggiore, in cui il tema del brano diventa più trionfante e luminoso, basato sempre su velocissimi e profondi arpeggi questa volta molto forti (fff) e completato sino alla fine dall'altra caratteristica tecnico-pianistica dello studio, cioè i vigorosi e lunghi tremoli della mano sinistra, che con il pedale abbassato creano una consistente massa sonora sopra la quale staccano i veloci arpeggi, sino al magniloquente finale.

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CESAR FRANCK

 César Franck, nasce il 10 Dicembre 1822, muore il 8 Novembre 1890.  Compositore, Organista e Docente di Musica belga. #Franck #CesarFranck...