Il Giudizio universale è un Affresco di Michelangelo Buonarroti, realizzato tra il 1536 e il 1541 su commissione di Papa Clemente VII per decorare la parete dietro l'Altare della Cappella Sistina, una delle più grandiose rappresentazioni della parusia, ovvero dell'evento dell’ascesa al potere alla fine del mondo del Cristo per inaugurare il regno di Dio, nonché uno dei più grandi capolavori dell'Arte occidentale.
L'Opera segnò la fine di un'epoca e costituì uno spartiacque della Storia dell'Arte e del pensiero umano: all'uomo forte e sicuro dell'Umanesimo e del primo Rinascimento, che Michelangelo stesso aveva esaltato negli Ignudi della volta, subentra una visione caotica e angosciata che investe tanto i dannati quanto i beati, nella totale mancanza di certezze che rispecchia la deriva e le insicurezze della nuova epoca.
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Gli interventi moralizzatori non esaurirono comunque le critiche, né le minacce di distruzione del Giudizio, che in seguito subì nuove e più drastiche censure, anche nel XVIII Secolo ad opera di S. Pozzi (quando la superficie venne anche ripassata da una vernice a colla) e nel 1825.
Il Giudizio, sebbene volutamente strutturato evitando la tradizionale composizione dell'immagine in ordini sovrapposti, è comunque divisibile, per comodità di trattazione, in tre zone fondamentali:
Gli Angeli con gli strumenti della Passione in alto nelle nuvolette
Il Cristo e la Vergine tra i beati.
La fine dei tempi, con gli Angeli che suonano le Trombe dell'Apocalisse, la resurrezione dei corpi, l'ascesa al cielo dei giusti e la caduta dei dannati all'Inferno.
Ci sono poco più di quattrocento figure, con altezze che variano dai 250 cm e più per i personaggi delle zone superiori, fino ai 155 per quelli delle zone inferiori.
La figura geometrica compositiva prevalente è l'ellisse, come la mandorla di luce in cui è inscritto il Cristo, i gruppi angelici o il risultato complessivo delle spinte di salita e di discesa, salvo alcune eccezioni, come lo schema piramidale dei santi ai piedi di Cristo giudice.
Dallo stile appare una visione grandiosa dell'umanità, un'idea di "uomo-eroe" che grandeggia anche nel peccato. Michelangelo si richiama quindi al concetto di antropocentrismo proprio del Rinascimento.
A questo proposito nota G.C. Argan : "Il peccato ha rotto il sodalizio tra l'uomo ed il resto del creato; l'uomo è ormai solo nella sua impresa di riscatto; ma la causa della sua disgrazia, la superbia davanti a Dio è anche la sua grandezza”.

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