Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto è un film del 1970 diretto da Elio Petri e interpretato da Gian Maria Volonté e Florinda Bolkan.
È considerato uno dei migliori film del regista e uno dei migliori in Italia, tanto che venne inserito nella lista 100 film italiani da salvare. Il film vinse il Grand Prix Speciale della Giuria al 23º Festival di Cannes e il Premio Oscar al miglior film straniero 1971.
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Trama :
Roma. Il giorno stesso della sua promozione al comando dell'ufficio politico della Questura, un dirigente di Pubblica Sicurezza (il quale per tutta la durata del film viene nominato con il solo titolo di "dottore" e che in fase di sceneggiatura viene individuato come l'Assassino), fino a quella mattina capo della sezione omicidi, uccide con una lametta Augusta Terzi, la propria amante, nell'appartamento di lei.
Il film è realizzato con la tecnica dei flashback in cui si rivela che Augusta invitava il commissario ad abusare del suo potere o a narrarle particolari scabrosi cui aveva assistito come poliziotto o, ancora, lo provocava parlandogli di una sua relazione con un giovane rivoluzionario, l'ex studente anarchico Antonio Pace, residente nel suo stesso palazzo. La Terzi, entrando in intimità profonda con lui, porta a nudo le sue debolezze e non manca di umiliarlo.
Consapevole e allo stesso tempo incapace di sostenere il potere che egli stesso incarna, il poliziotto dissemina la scena del delitto di prove e, durante le indagini, alternativamente ricatta, imbecca e depista i colleghi che si occupano del caso. Se in un primo momento ciò che guida il protagonista pare essere l'arroganza di chi confida nella propria insospettabilità, la veridicità di questa convinzione viene via via smentita dai fatti col proseguire della storia.
Il poliziotto assassino, in nome della vittoria dell'ordine costituito e pronunciando infatti la frase " perché io sono il potere, il potere legittimamente costituito " ( frase però poi tagliata nella versione restaurata del film ) finisce quindi per agognare la propria punizione, che tuttavia gli viene preclusa appunto dal suo potere e dalla sua posizione: l'unico testimone dei fatti, l'anarchico individualista Pace, non vorrà denunciarlo per poterlo ricattare («Un criminale a dirigere la repressione: è perfetto!», esclama durante l'interrogatorio).
Il protagonista, oramai deciso a proseguire sulla sua posizione autopunitiva, consegna una lettera di confessione ai suoi colleghi e, invocando quale unica attenuante il fatto di essere stato continuamente preso in giro dalla propria vittima, s'impone gli arresti domiciliari: a casa, nell'attesa del suo arresto ufficiale, si addormenta e sogna di essere costretto dai suoi superiori e colleghi, che analizzano e rifiutano la validità degli indizi e delle prove, a firmare la "confessione della propria innocenza".
Al risveglio, con l'arrivo dei pezzi grossi della polizia, lo attende il vero finale che non viene però svelato dal regista ed è lasciato in sospeso. Il film si chiude con l'immagine delle tapparelle che si abbassano nella stanza in cui il protagonista ha appena ricevuto gli inquirenti, mentre sullo schermo appare una citazione di Franz Kafka: «Qualunque impressione faccia su di noi, egli è un servo della legge, quindi appartiene alla legge e sfugge al giudizio umano».
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