Il camaleonte è un racconto di Anton Čechov, pubblicato nel 1884.
L'ispettore di polizia Očumelov attraversa la piazza del mercato, seguito da una guardia, quando si odono delle urla: l'orefice Chrûkin sta inseguendo un cucciolo di levriero che poco prima lo ha morso. Očumelov accorre e interroga i testimoni per identificare il proprietario del cane: essendo vietato lasciare i cani senza guinzaglio e senza museruola, il proprietario del cane, oltre a risarcire l'orefice, dovrà pagare una multa salata.
Uno dei testimoni riferisce che si tratta del cane del generale Žigalov. Očumelov cambia allora la direzione delle indagini: non è possibile che un cagnolino così piccolo abbia morso un omone alto e grosso come l'orefice; quest'ultimo si è certamente ferito da solo e cerca di dare la colpa a un piccolo animale innocente. Un astante dice di aver visto l'orefice schiacciare la punta di un sigaro acceso sul muso del cane prima del morso.
Un altro astante afferma però che il generale Žigalov ha solo cani da punta e di razza; Očumelov concorda che quel cane non è certamente di razza e occorre riprendere le indagini per ricercarne il padrone a tutela dell'orefice. Viene interrogato Prochor, il cuoco del gen. Žigalov, e costui conferma che il cane non è certamente di proprietà del generale. L'ispettore Očumelov si rafforza nel proposito di difendere Chrûkin e pronuncia ad alta voce minacce contro il proprietario del levriero. Il cuoco Prochor dichiara tuttavia che il cane è di proprietà di Vladimir Ivanyč Žigalov, il fratello del generale giunto da poco in città, un alto funzionario la cui importanza è nota all'ispettore. Saputo finalmente il nome del proprietario del cane, Očumelov chiude l'indagine: il cagnolino è simpatico e innocuo, il vero colpevole è Chrûkin, il quale viene minacciato dall'ispettore Očumelov («Avrai a fare i conti con me!») fra le risate della folla.
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