- Allegro vivace e con brio
- Allegro scherzando (si bemolle maggiore)
- Tempo di Menuetto
- Allegro vivace
Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2
clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trobe, timpani,
archi
Composizione: 1812
Prima esecuzione: Vienna, Großer Redoutensaal del Burgtheater, 27 Febbraio 1814
Edizione: Steiner, Vienna 1817
Composizione: 1812
Prima esecuzione: Vienna, Großer Redoutensaal del Burgtheater, 27 Febbraio 1814
Edizione: Steiner, Vienna 1817
Beethoven cominciò a lavorare
all'Ottava Sinfonia nel 1811, ma tra ripensamenti e ritocchi
vari la completò nell'estate del 1812, durante i soggiorni nelle
stazioni termali di Tepliz, in cui avvenne il celebre incontro con
Goethe, tanto ammirato dal musicista, Karlsbad e Linz. Una prima
esecuzione privata della sinfonia ebbe luogo nell'Aprile 1813 nella
residenza dell'arciduca Rodolfo, mentre la sua presentazione pubblica
avvenne il 27 Febbraio 1814 nella grande sala del Ridotto di Vienna.
Per l'occasione il concerto era dedicato interamente a musiche di
Beethoven comprendenti fra l'altro la Settima Sinfonia e La
vittoria di Wellington, detta anche La Battaglia di
Vittoria (Wellington Sieg oder die Schlacht bei Vittoria Op. 91), una
pagina strumentale pomposa e magniloquente in cui erano inseriti temi
degli inni inglesi "Rule Britannia" e "God save the
King" con .effetti onomatopeici di colpi di cannoni e rulli di
tamburi, nell'intento di celebrare la sconfitta delle truppe francesi
avvenuta nella penisola iberica per merito, appunto, del generale
Wellington. Promotore di siffatto concerto era stato lo studioso di
problemi acustici Johann Nepomuk Maelzel, inventore con l'olandese
Winkel del metronomo e creatore di singolari macchine musicali, come
il Panharmonikon, capaci di riprodurre e ingigantire i suoni degli
strumenti a fiato e della percussione. Maelzel potè organizzare un
programma così eterogeneo, in vista di grossi affari per le sue
invenzioni, in quanto si era guadagnato l'affetto di Beethoven
promettendogli di costruire un apparecchio infallibile contro la
sordità. Tanto è vero che il musicista volle rendere un omaggio a
Maelzel, inserendo nel secondo movimento dell'Ottava Sinfonia uno
spunto tematico che ricordasse l'oscillazione del metronomo, preso da
un canone scherzoso dello stesso Beethoven, elaborato sulle parole:
«Ta-ta-ta, caro Maelzel, addio...».
Naturalmente il brano che suscitò i
maggiori applausi del pubblico fu La vittoria di Wellington,
anche per la rinomanza dei maestri sparsi nell'orchestra a dar lustro
alla celebrazione: da Salieri che dirigeva alcuni strumentisti
collocati sopra una galleria laterale con il compito di imitare le
cannonate, a Schuppanzigh primo violino; da Spohr a Mayseder, da
Moscheles a Romberg, a Dragonetti, a Hummel che batteva la grancassa
e al giovane Meyerbeer che suonava i piatti, sembra, con poca
soddisfazione di Beethoven. L'Ottava Sinfonia non fu apprezzata
adeguatamente, come riferì Czerny, e dovette aspettare diversi anni
prima di essere ben compresa nel suo elegante e misurato classicismo.
Infatti l'inaspettato ritorno del musicista ai modi haydniani e
mozartiani ha messo in serio imbarazzo i primi commentatori
dell'opera beethoveniana, che non sapevano spiegare come mai in
questa sinfonia l'autore, dopo tante esperienze innovatrici, avesse
fatto dei passi indietro con il ripristino del Minuetto nella forma
classica. Però, a parte certi richiami formali al passato e la
restrizione delle proporzioni architettoniche e della durata (in
tutto ventisei minuti), non si può negare che l'Ottava sia
un'opera della maturità artistica del compositore per la preziosità
della fattura strumentale e per la novità di taluni seducenti
sviluppi del gioco armonico. A queste caratteristiche si aggiungono
una leggerezza scherzosa e un misuratissimo gusto ritmico che
piacquero tanto a Stravinsky neo-classico e convinsero
il musicologo Paul Bekker a sentire in questa sinfonia
«la liberazione da ogni peso terrestre, l'assoluto superamento della
materia, verso una forma di pura saggezza speculativa».
Un sentimento di serenità e di gioioso
senso della vita esplode nell'Allegro iniziale, così
scapricciato e brillante nel suo variegato andamento strumentale, pur
nell'estrema chiarezza e linearità del disegno melodico. Si passa
quindi allo scherzoso e umoristico Allegretto, dove la frase
elegante dei violini si espande con piacevolezza di impasti armonici
dei fiati e degli strumentini. Il Minuetto successivo non
ha nulla della fatuità settecentesca e lascia trasparire tra le sue
pieghe un respiro ben più denso e premonitore di atteggiamenti
brahmsiani. L'Allegro finale è ricco di spensierata gaiezza nel
suo travolgente discorso ritmico, anche se tra qualche accento di
pensosa riflessione sulla lieta giovinezza ormai declinante.
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