Venne rappresentata per la prima volta
al Teatro Sant'Angelo di Venezia, con Maddalena
Marliani-Raffi nel ruolo della protagonista ed è, di gran lunga, la
più fortunata commedia del commediografo veneziano.
Mirandolina gestisce a Firenze la
locanda dove viene costantemente corteggiata da ogni cliente, in modo
particolare dal Marchese di Forlipopoli, aristocratico decaduto
che ha venduto il prestigioso titolo nobiliare, e dal Conte di
Albafiorita, mercante che, arricchitosi, è entrato a far
parte della nuova nobiltà comprando il titolo.
I due personaggi rappresentano gli
estremi dell'alta società veneziana del tempo. Il Marchese,
avvalendosi esclusivamente del suo onore, è convinto che basti la
sua protezione per conquistare il cuore della donna. Al contrario, il
Conte crede di poter procurarsi l'amore di Mirandolina così come ha
acquisito il titolo (le fa infatti molti e costosi regali). Questo
ribadisce le differenze tra la nobiltà di spada e
la nobiltà di toga, cioè quella dei discendenti dei nobili
medievali e quella di coloro che hanno comprato il titolo nobiliare.
L'astuta locandiera, da buona mercante,
non si concede a nessuno dei due uomini, lasciando a entrambi intatta
l'illusione di una possibile conquista.
Il fragile equilibrio instauratosi
nella locanda è sconvolto dall'arrivo del Cavaliere di Ripafratta,
aristocratico altezzoso e misogino incallito ispirato al
patrizio fiorentino Giulio Rucellai, a cui la commedia è
dedicata. Il Cavaliere, ancorato alle sue nobili origini e
lamentandosi del servizio scadente, detta ordini a Mirandolina. Egli
cerca inoltre di mettere in ridicolo il conte e il marchese
accusandoli di essersi abbassati a corteggiare una popolana.
Mirandolina, non abituata a essere
trattata come una serva e ferita nel suo orgoglio femminile, si
ripromette di far innamorare il Cavaliere. Sarebbe questo il suo modo
di impartirgli una lezione.
| «Tutto il mio piacere consiste in vedermi servita, vagheggiata, adorata. Questa è la mia debolezza, e questa è la debolezza di quasi tutte le donne.» |
| (Carlo Goldoni, La locandiera, 1752) |
Per fare innamorare il Cavaliere,
Mirandolina si mostra sempre più gentile e piena di riguardi nei
suoi confronti, finché quegli dà segni di cedimento. In seguito,
dichiara di disprezzare le donne che mirano esclusivamente al
matrimonio, destando immediatamente una certa ammirazione da parte
della sua vittima.
Più tardi, mostra ostentatamente di
non voler fare complimenti falsi al Marchese. In una famosa scena, il
Marchese vuole pavoneggiarsi con la bontà di un vino di Cipro che in
realtà ha un sapore disgustoso; mentre il Cavaliere non riesce a
dire in faccia al suo avversario la verità, Mirandolina non esita ad
affermare che il vino è davvero imbevibile.
La protagonista riesce nel suo intento
procedendo per gradi e usando uno dopo l'altro diversi accorgimenti:
la strategia di seduzione è ben pianificata e viene rappresentata
con una generosa serie di scene comiche; il cavaliere finisce per
cedere, e tutto il sentimento d'odio che provava si tramuta in un
amore appassionato che lo tormenta.
Proprio il suo disprezzo verso il sesso
femminile lo ha reso vulnerabile alle malizie della locandiera. Pur
conoscendo le armi nemiche (temibile e intrigante mescolanza tra
verità e bugie, lacrime, falsi svenimenti) egli non ha potuto
difendersi come avrebbe voluto: l'abile tecnica di Mirandolina, che
fin dall'inizio del secondo atto ha usato a proprio favore la
misoginia del Cavaliere mostrando con falsa sincerità di disprezzare
anch'ella le donne e di pensare proprio come un uomo, ha fatto sì
che questi abbassasse le difese, esponendosi inevitabilmente ai suoi
attacchi.
Il cameriere Fabrizio è molto geloso
di Mirandolina, la quale riceve addirittura in dono dal cavaliere una
boccetta d'oro che però getta con disprezzo in un cesto. Il
cavaliere, dilaniato da sentimenti contrastanti, non vuole far sapere
di essere oggetto dei raggiri di una donna, ma allo stesso tempo
spera di poterla avere per sé. Quando conte e marchese lo accusano
di essersi innamorato della donna, l'orgoglio ferito del cavaliere
esplode in una disputa che rischia di culminare in tragedia. Ma
ancora una volta l'abile e teatrato intervento della stessa
locandiera impedisce che si venga alle spade: prima di partire, il
cavaliere riconosce così che per vincere l'infausto potere seduttivo
femminile non basta disprezzarlo, ma è necessario fuggirlo. Il
marchese, accortosi della boccetta nel cesto e credendola di scarso
valore, se ne appropria e la regala poi a Dejanira, una commediante
arrivata alla locanda.
Dato che l'innamoramento del cavaliere
è diventato cosa pubblica, la vendetta di Mirandolina è finalmente
compiuta, ma ciò comporta il risentimento sia del conte sia del
marchese che, gelosi, pensano di lasciare la locanda per vendicarsi.
La donna riconosce di avere provocato troppo il cavaliere e quindi,
quando questi va in escandescenze, decide di risolvere la questione
sposando Fabrizio, come le aveva consigliato il padre in punto di
morte. Mirandolina non lo ama veramente, ma decide di approfittare
del suo aiuto sapendo che il matrimonio non sarà un vero ostacolo
per la sua libertà.
Il cavaliere lascia la scena furioso e
Mirandolina promette a Fabrizio che se la sposerà, lei rinuncerà al
suo vizio di far innamorare altri uomini per vanità. Il conte e il
marchese, in occasione del lieto evento, accettano di buona grazia la
decisione di Mirandolina, la quale chiede loro di cercar rifugio
presso un'altra locanda. La scena si conclude quando lei, rientrata
in possesso della boccetta donatale dal cavaliere, si rivolge al
pubblico e lo esorta a non lasciarsi mai ingannare dalle lusinghe di
una donna. Per finire, si capisce che Fabrizio e Mirandolina si
sposeranno; lei avrà così seguito il consiglio datole dal padre
prima della morte, ovvero quello di sposare un uomo della sua stessa
classe sociale.
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