È stato il più grave incidente
nucleare mai verificatosi in una centrale nucleare, e uno
dei due incidenti classificati come catastrofici con il livello 7
(massimo della scala INES) dall'IAEA, insieme all'incidente
avvenuto nella centrale di Fukushima Dai-ichi nel marzo 2011.
Le cause furono indicate variamente in
gravi mancanze da parte del personale, sia tecnico sia dirigenziale,
in problemi relativi alla struttura e alla progettazione
dell'impianto stesso e della sua errata gestione economica e
amministrativa. Nel corso di un test definito "di sicurezza",
il personale si rese responsabile della violazione di svariate norme
di sicurezza e di buon senso, portando a un brusco e
incontrollato aumento della potenza (e quindi della temperatura) del
nocciolo de reattore n. 4 della centrale: si determinò
la scissione dell'acqua di refrigerazione
in idrogeno e ossigeno a così elevate pressioni
da provocare la rottura delle tubazioni del sistema di raffreddamento
del reattore. Il contatto dell'idrogeno e della grafite incandescente
delle barre di controllo con l'aria, a sua volta, innescò
una fortissima esplosione, che provocò lo scoperchiamento del
reattore e di conseguenza causò un vasto incendio.
#History #Chernobyl #Disastro #Nucleare #Russia
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Una nuvola di
materiale radioattivo fuoriuscì dal reattore e ricadde su
vaste aree intorno alla centrale, contaminandole pesantemente e
rendendo necessaria l'evacuazione e il reinsediamento in altre zone
di circa 336 000 persone. Nubi radioattive raggiunsero anche
l'Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia con
livelli di contaminazione via via minori, toccando anche l'Italia,
la Francia, la Germania, la Svizzera, l'Austria e
i Balcani, fino a porzioni della costa orientale del Nord
America.
Un rapporto del Chernobyl
Forum redatto da agenzie dell'ONU (OMS, UNSCEAR, IAEA
e altre) conta 65 morti accertati e più di 4 000 casi di tumore
della tiroide fra quelli che avevano fra 0 e 18 anni al tempo
del disastro, larga parte dei quali probabilmente attribuibili alle
radiazioni. La maggior parte di questi casi è stata trattata con
prognosi favorevoli. Al 2002 si erano contati 15 morti.
I dati ufficiali sono contestati da
associazioni antinucleariste internazionali, fra le quali Greenpeace,
che presenta una stima fino a 6.000.000 di decessi su scala
mondiale nel corso di 70 anni, contando tutti i tipi di tumori
riconducibili al disastro secondo il modello specifico adottato
nell'analisi.
Il gruppo dei Verdi del parlamento
europeo, pur concordando con il rapporto ufficiale ONU per quanto
riguarda il numero dei morti accertati, se ne differenzia e lo
contesta sulle morti presunte, che stima piuttosto in 30 000-60
000
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