Imprenditore italiano, ucciso da Cosa
Nostra dopo essersi opposto a una richiesta di pizzo.
È divenuto simbolo della lotta alla
criminalità.
Dopo aver avuto alcuni problemi con la
fabbrica di famiglia, la Sigma, viene preso di mira da Cosa Nostra,
che pretende il pagamento del pizzo. Libero Grassi ha il coraggio di
opporsi alle richieste di racket della mafia e di uscire allo
scoperto, con grande esposizione mediatica.
Nel Gennaio 1991 il Giornale di Sicilia
aveva pubblicato una sua lettera sul rifiuto di cedere ai ricatti
della mafia.
| «Volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l'acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere. Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al "Geometra Anzalone" e diremo no a tutti quelli come lui.» |
| (Libero Grassi, Caro estortore, Giornale di Sicilia, 10 Gennaio 1991) |
L'imprenditore denuncia gli estorsori
(i fratelli Avitabile, arrestati il 19 Marzo 1991 assieme a un
complice), e rifiuta l'offerta di una scorta personale.
La stessa Sicindustria gli volta le
spalle. In una lettera pubblicata sul Corriere della Sera il 30
Aprile 1991 afferma che «l'unico sostegno alla mia azione, a parte
le forze di Polizia, è venuta dalla Confesercenti palermitana» e
definisce "scandalosa" la decisione del giudice catanese
Luigi Russo (del 4 Aprile 1991) in cui si afferma che non è reato
pagare la "protezione" ai boss mafiosi.
Il 29 Agosto del 1991, alle sette e
mezza di mattina, viene ucciso a Palermo con quattro colpi di pistola
mentre si reca a piedi al lavoro.
Una grande folla prende parte al suo
funerale, tra cui l'allora presidente della Repubblica Francesco
Cossiga. Il figlio Davide sorprende tutti alzando le dita in segno di
vittoria mentre porta la bara del padre. Non mancano le polemiche,
tra chi sostiene fin dall'inizio la battaglia dell'imprenditore, come
i Verdi e il Centro Peppino Impastato (dedicato ad un'altra vittima
della mafia) e chi non ha preso le sue difese, come Assindustria.
Qualche mese dopo la morte di Grassi, è
varato il decreto che porta alla legge anti-racket 172, con
l'istituzione di un fondo di solidarietà per le vittime di
estorsione.
La vedova Pina Maisano Grassi,
nonostante minacce e intimidazioni, prosegue la lotta per la legalità
in nome del marito, all'interno delle istituzioni e al fianco della
società civile in sostegno delle tante associazioni anti-racket
sorte dal 1991 in Sicilia e nel resto d'Italia.
Nel 1992 è eletta Senatrice nelle file
dei Verdi, fino al 1994.
A Libero Grassi è stato intitolato un
istituto tecnico commerciale di Palermo.
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