CINEMA - ' IL NOME DELLA ROSA ' - JEAN JACQUES ANNAUD
Il nome della rosa è un Film del 1986 diretto da Jean-Jacques Annaud.
Tramite flash-back, l'anziano frate francescano Adso da Melk racconta di quando, ancora semplice novizio, trascorse alcuni giorni in un'abbazia «di cui è pietoso e saggio tacere anche il nome», assieme al suo mentore, il dotto frate inglese Guglielmo da Baskerville, e in tale periodo assistette a una singolare vicenda.
Nel 1327 l'abbazia è sconvolta da alcuni terribili omicidi, verificatisi in un momento molto delicato: nel monastero, dovrà svolgersi un'importante disputa sulle tesi dell'Ordine francescano. Guglielmo viene chiamato a partecipare, e giunge sul posto insieme ad Adso. L'abate, conoscendo il passato da inquisitore di Guglielmo, lo incarica di indagare sul delicato caso delle morti avvenute dentro il monastero, poiché molti sono convinti che siano state causate dalla mano del maligno, giustificando tale tesi con il fatto che le vittime avevano le dita e la lingua di un intenso colore nero. Guglielmo non è però convinto da questa versione e ritiene che la colpa sia, in realtà, di una persona che si trova all'interno dell'abbazia.
I due frati si ritrovano in un ambiente ostile, visti con sospetto da molti monaci. Il giovane Adso incontra brevemente una ragazza che abita in un povero villaggio ai piedi del monastero, dove gli abitanti vivono nella fame e nella miseria, costretti a rifornire di cibo l'abbazia in cambio della promessa della salvezza eterna. Le indagini iniziano subito, a partire dalla morte di un giovane monaco, il miniatore Adelmo, il cui cadavere viene ritrovato ai piedi delle alte mura dell'abbazia dopo una tempesta. Guglielmo afferma fin da subito che si potrebbe trattare di un suicidio. Durante le loro indagini i due fanno la conoscenza di due frati: l'anziano Jorge da Burgos, cieco e ostile a tutto ciò che è allegro, e il deforme Salvatore, un monaco che parla una lingua mista tra il volgare e il latino (con parole francesi, inglesi e spagnole), che si rivela aver fatto parte dei dolciniani, una setta eretica rispetto alla Chiesa cattolica.
Le misteriose morti continuano e questa volta a perire è Venanzio, il traduttore dal greco dello scriptorium, il cui cadavere viene trovato immerso in un recipiente contenente sangue animale. Guglielmo crede che le due morti siano collegate tra loro e scopre che la vittima, che presenta le dita e la lingua nere, aveva un rapporto di amicizia con Adelmo. Una notte, Adso ritrova la ragazza del villaggio mentre si nasconde dal cellario Remigio, il quale le fornisce del cibo in cambio di favori sessuali. La ragazza si concede al novizio e i due hanno un appassionato rapporto sessuale; da questo incontro Adso rimarrà turbato a causa della sua posizione di religioso, ma verrà consolato dal proprio maestro, il quale gli dice che certamente la cosa non dovrà ripetersi, ma che allo stesso tempo non deve vergognarsene, in quanto quello che ha provato non è nient'altro che un sentimento umano e naturale.
La vittima successiva è Berengario, l'aiuto bibliotecario, un monaco in sovrappeso e di chiare tendenze omosessuali, che viene ritrovato annegato nella sua vasca da bagno, anch'egli con le dita e la lingua nere. Guglielmo ritrova una nota sullo scrittoio al quale Berengario si trovava durante la notte precedente e vi legge il numero di un libro, quindi capisce cosa è successo: Berengario aveva approfittato della passione per i libri del giovane Adelmo per consegnargli un volume, un libro proibito che lui desiderava leggere da molto tempo, in cambio di rapporti illeciti. Adelmo aveva acconsentito, ma poi, preso dalla vergogna e dal senso di colpa, aveva vagato per l'abbazia e aveva incontrato il traduttore dal greco, al quale aveva consegnato la nota, per poi gettarsi dalle mura dell'abbazia. Venanzio, volendo vedere il libro che era stato causa della morte di Adelmo, lo aveva recuperato e aveva iniziato a leggerlo durante la notte ma, improvvisamente, aveva avuto un malore fatale e il suo cadavere era stato ritrovato da Berengario che, per paura di essere incolpato, aveva gettato il cadavere nella cisterna, dove era stato ritrovato.
Il libro era rimasto sullo scrittoio del traduttore e lì era stato letto anche da Berengario, ma i malori avevano cominciato a manifestarsi anche in lui; dopo aver riportato il libro al suo posto per paura di essere scoperto, aveva fatto un bagno con delle foglie di cedro per alleviare il dolore, ma era stato inutile ed era morto annegato. Guglielmo, dunque, si convince che la causa delle morti sia un libro che uccide o per il quale qualcuno è disposto a uccidere e che le dita e la lingua nere siano state causate da un avvelenamento. L'abate, tuttavia, non dà ascolto alle parole di Guglielmo e rivela di aver richiamato l'inquisitore Bernardo Gui a indagare. Guglielmo e Adso trovano un passaggio segreto per la biblioteca, accessibile solo ai bibliotecari e all'abate e rimangono quasi imprigionati nel complesso di stanze: la struttura, una delle biblioteche più grandi di tutta la cattolicità; è progettata come un intricato labirinto per mantenere nascosti libri e scritture di avanzate conoscenze pagane ed anticattoliche, che difficilmente si concilierebbero con i dettami della chiesa romana. I due trovano una via d'uscita solo grazie ad Adso che, per non perdersi, aveva ingegnosamente legato un filo della sua veste a un tavolo della stanza.
Dopo l'arrivo di Bernardo, la situazione in abbazia precipita: la ragazza del villaggio viene ritrovata durante la notte, insieme a Salvatore, nel fienile, con un galletto nero morto (che la ragazza aveva preso per fame) e un gatto nero, e i due vengono arrestati con l'accusa di aver praticato riti satanici, in quanto il fienile prende fuoco e Bernardo ritiene che la fanciulla sia il maligno. Salvatore viene torturato e interrogato e confessa il suo passato di dolciniano, facendo anche il nome del cellario Remigio. Nel mentre viene ucciso un altro frate, l'erborista Severino, e la colpa ricade su Remigio, che viene arrestato e accusato delle morti avvenute nel monastero.
Durante il processo contro la ragazza, Remigio e Salvatore, che culmina con la sentenza che li condanna a morte sul rogo, Guglielmo dà la sua approvazione a eseguire il verdetto emesso da Bernardo, ma afferma anche che ciò non fermerà le morti nell'abbazia. L'inquisitore quindi lo accusa di aver tentato di difendere la ragazza e i due eretici e gli dice che, l'indomani, si recherà ad Avignone insieme a lui per rispondere di eresia di fronte al papa. Adso, disperato per la sorte della fanciulla che ama, è risentito verso Guglielmo, che sembra interessarsi più ai libri che alle sorti della giovane.
Il giorno dopo, durante la messa, un altro frate, il bibliotecario Malachia, che è solito accompagnare il "venerabile Jorge", si sente male e muore, mostrando anch'egli le dita e la lingua nere. Bernardo, avendo assistito alla scena, ritiene che l'assassino sia Guglielmo, basandosi sulla predizione da lui fatta durante il processo, e ordina alle sue guardie di catturarlo, ma il monaco riesce a fuggire di soppiatto insieme ad Adso e i due si recano nella biblioteca. Nel frattempo la ragazza, Salvatore e Remigio vengono messi sulla pira, in attesa di essere bruciati. Guglielmo e Adso giungono all'entrata della biblioteca attraverso una porta camuffata come uno specchio e vi trovano Jorge, al quale Guglielmo chiede di poter leggere il secondo libro della Poetica di Aristotele, che tratta della commedia, di cui nella biblioteca si trova l'unica copia esistente in tutto il mondo. Jorge acconsente e Guglielmo, nello sfogliare il volume, indossa un guanto, poiché ha capito che le pagine del libro sono avvelenate. Il mistero è così chiarito: il colpevole delle morti è Jorge, che ha avvelenato il libro in modo tale che chiunque lo toccasse per leggerlo rimanesse ucciso assumendo il veleno nell'atto di leccarsi l'indice per sfogliare le pagine. Jorge, capendo di essere stato scoperto, si dà alla fuga, portando con sé il libro e venendo inseguito dai due monaci.
Guglielmo chiede a Jorge perché abbia fatto tutto questo e Jorge rivela di aver sempre avuto in odio il libro di Aristotele, in quanto il riso, in esso trattato, uccide la paura, senza la quale non può esserci fede in Dio, e che se si apprendesse dal libro che è possibile ridere di tutto, anche di Dio, il mondo precipiterebbe nel caos. Colto da fanatico fervore, Jorge ingoia le pagine del libro, suicidandosi, ma prima di morire aggredisce Adso, gettando via la lampada che portava con sé e finendo per dare fuoco al resto dei libri proibiti nella biblioteca. Un grosso incendio inizia a divampare in biblioteca; intanto Remigio e Salvatore vengono bruciati, mentre la ragazza viene salvata dagli abitanti del villaggio, che attaccano le guardie di Bernardo, distratte dall'incendio alla biblioteca. Mentre Guglielmo tenta disperatamente di salvare quanti più libri possibile dalle fiamme, Adso, incitato dal maestro e preoccupato per la ragazza, si precipita fuori dall'abbazia. Bernardo, in fuga con la sua carrozza, muore precipitando in un dirupo e infine Guglielmo riesce a uscire incolume dall'incendio.
Il giorno seguente l'abbazia è completamente bruciata. Guglielmo e Adso lasciano le rovine del monastero ma, sulla strada, il ragazzo viene raggiunto dalla fanciulla, che lo prega di restare. Adso si rende conto che il suo maestro lo sta osservando da lontano, perché vuole che sia lui a decidere liberamente chi seguire; quindi, dopo un toccante addio, i due innamorati si lasciano per sempre. Mentre Guglielmo e Adso si allontanano, la voce fuori campo di quest'ultimo, nel terminare la narrazione, afferma di non essersi mai pentito di aver fatto quella scelta. Il suo maestro, in segno di rispetto, gli regalò i suoi occhiali e i due si lasciarono. Adso non ha più avuto notizie di Guglielmo, ma è certo che sia ormai morto, probabilmente a causa della pandemia di peste scoppiata due decenni dopo in Europa. Adso, comunque, anche una volta diventato uno stimato religioso, non si è mai dimenticato del suo unico amore terreno, del quale tuttavia non ha mai saputo il nome.
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