- Allegro con brio
- Andante con moto (la bemolle maggiore)
- Allegro
- Allegro (do maggiore)
Organico: ottavino, 2 flauti, 2
oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, corno di bassetto, 2 corni, 2 trombe,
3 tromboni, timpani, archi
Composizione: 1806
Prima esecuzione: Vienna, Theater an der Wien, 22 Dicembre 1808
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia 1809
Dedica: Principe Joseph Max von Lobkowitz e Conte Andreas Razumovsky
Composizione: 1806
Prima esecuzione: Vienna, Theater an der Wien, 22 Dicembre 1808
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia 1809
Dedica: Principe Joseph Max von Lobkowitz e Conte Andreas Razumovsky
La stesura della Quinta
Sinfonia beethoveniana occupa un periodo di tempo assai
ampio. Dopo i primi abbozzi risalenti al 1804, il compositore la
riprese nel 1807 e la completò solo nella primavera dell'anno
successivo; una testimonianza della particolare cura e attenzione che
Beethoven riservò al suo lavoro, frutto di un processo creativo
lungo e sofferto.
La «prima» della Sinfonia ebbe
luogo il 22 dicembre 1808 nel celebre teatro viennese An der Wien
sotto la direzione dello stesso autore. Durante il concerto, dalla
durata interminabile, - secondo l'uso avvalso nell'epoca - furono
eseguiti anche la Sesta Sinfonia, sezioni della Messa in do
maggiore, il Quarto Concerto per pianoforte e orchestra e
altre composizioni ancora.
All'atto della pubblicazione
la Sinfonia venne dedicata al principe Andrej Kyrillovic
Razumovskij (noto anche per la dedica dei celebri quartetti dell'Op.
59) e a Franz Joseph Lobkowitz (a lui Beethoven aveva dedicato anche
la Terza Sinfonia), preziosi mecenati e amici del compositore.
Come per la Terza Sinfonia,
Beethoven torna nella Quinta a un fitto reticolo di
riferimenti allegorici e morali, un simbolismo perfettamente radicato
nella cultura filosofica e spirituale del tempo, fortemente imbevuta
di concezioni illuministiche.
Pensiamo già solo al ritmico e
lapidario inciso d'apertura che l'orchestra disegna subito in modo
netto e perentorio, «il destino che bussa alla porta» - secondo
l'intepretazione che un giorno ne diede l'amico Anton Schindler.
Vi si legge la reazione di un'umanità
in perenne lotta contro il proprio drammatico destino, un destino
senza volto, cieco, spesso implacabile, contro il quale l'uomo si
erge a combattere eroicamente in nome della ragione. E solo in virtù
di questo atto di ribellione che il mondo giunge a trionfare sulle
forze delle tenebre, sui pregiudizi e sulla superstizione.
Così nella Sinfonia vediamo
continuamente emergere gli opposti in lotta, in una gigantesca
visione antagonistica in perenne mutamento: contrasti violenti si
susseguono a momenti più mitigati e lirici, passi ritmici tensivi si
alternano a più morbidi accenti, la concitazione melodica si
confronta con linee tematiche più tenui ed addolcite nel loro
profilo. Infine i quattro movimenti paiono procedere in modo
ineluttabile verso un compimento che pare già presagito, attraverso
una sapiente progressione simbolica che conduce all'apoteosi finale.
È un Beethoven titanico, quello della
Quinta. Ma è anche un Beethoven più asciutto e meno enfatico
rispetto a quello dell'Eroica. La forma stessa è essenziale, senza
espansioni retoriche, la coerenza interna rigorosa. I temi sono netti
e concisi, come lo scarno inciso d'apertura, un motto di sole quattro
note. Così si apre il primo movimento, l'Allegro con brio. Ancora
sull'inciso «del destino» è fondato il primo tema, che percorre
interamente la Sinfonia rendendola ulteriormente più
solida ed unitaria. Proprio a questa estrema concentrazione tematica,
a questa sobrietà di caratteri va ricondotta la grande efficacia
espressiva che la Sinfonia in do minore esprime. Una
vigorosa frase di transizione, consistente nella trasformazione del
primo tema e dell'inciso d'apertura, porta al delicato secondo tema
principale, introdotto da uno squillante richiamo dei corni pure
ricavato dal motto d'apertura.
Questo momento disteso e cantabile però
non riesce a rimuovere il ricordo dell'inciso iniziale, che infatti
presto si fa di nuovo avanti sotto forma di ripetute iterazioni nella
parte finale dell'Epilogo. Si conclude così l'Esposizione, la prima
grande sezione di forma-sonata in cui il movimento è costruito.
Anche la parte centrale di Sviluppo è aperta dalle quattro scolpite
note del motto, seguite da una varia ed articolata elaborazione del
primo tema. E il momento di maggior intensificazione drammatica
della Sinfonia, là dove sono più vividi i contrasti armonici,
le opposizioni motivico-dinamiche e più marcata la densità
contrappuntistica.
Nella Ripresa Beethoven inizia a
ripresentare - secondo la norma - il materiale dell'Esposizione. Ma,
dopo il ritorno del motto e del primo tema, ci riserva una
sorpresa: l'oboe, lasciato improvvisamente solo, intona in modo
inaspettato un recitativo dai caratteri intensi e delicati: è un
momento di calma e commozione, quasi una sosta incantata ed assorta
di fronte alla lotta titanica intrapresa.
La meccanica frase di transizione
riporta all'impeto originario, poi la Ripresa prosegue nel richiamo
che prima era stato enunciato dai corni, ora lasciato al timbro
nasale dei fagotti. Dopo il secondo tema, interviene infine
l'Epilogo. Beethoven compie qui ancora una deroga alla regola:
l'Epilogo non si conclude, ma prosegue in una ulteriore e imprevista
frase enfatica costruita sul motto del primo tema sino ad un
fragoroso climax, ancora sul motto. Nella Coda una breve ripresa
del primo tema conclude «eroicamente» il movimento.
L'Andante con moto corrisponde ad
un momento di stacco emotivo, con due temi cantabili di matrice
popolare.
Mentre però il secondo tema nel corso
del brano viene semplicemente ripreso e in sostanza solo
nell'accompagnamento subisce alcune varianti ornamentali, il primo
tema si ripresenta più frequentemente ed è sottoposto ad una assai
articolata serie di variazioni che ogni volta lo ripropongono in modo
diverso nel profilo melodico, nella quadratura ritmica,
nell'orchestrazione.
Dopo la fluente prima variazione, in
cui il primo tema è letteralmente diluito nel moto denso di
semicrome dipanato da viole e violoncelli - mentre il clarinetto vi
sovrappone la sua voce piena e pastosa -, nella seconda variazione un
flusso ancora più movimentato di quartine di biscrome passa dal
gruppo di viole e violoncelli a quello dei violini primi e poi ancora
a celli-contrabbassi, là dove l'orchestra tutta inizia a fremere con
trasporto su di una robusta ed energica enunciazione corale.
Nella terza variazione i legni eseguono
il primo tema in modo minore e a note staccate e puntate, offrendo
una versione assai lontana dall'originale. Il ritmo è di marcia e
l'incedere nobile e solenne, sostenuto dal ben scandito pizzicato
degli archi.
Ora le frasi di collegamento, ora i già
citati ritorni del secondo tema costituiscono i raccordi per
l'avvento di ogni nuova variazione. La quarta, ad esempio, è
preparata da una scala prima intonata timidamente da flauto e
clarinetto, poi resa via via scorrevole dalla spinta dell'orchestra
che letteralmente prorompe nella grandiosa enunciazione del tutti.
Una zona di Epilogo si incarica di condurre a compimento l'Andante.
Il terzo movimento, l'Allegro, si apre
con un fosco e misterioso arpeggio dei bassi cui risponde la voce più
chiara di violini e clarinetti. A questo primo elemento ne fa seguito
un secondo più netto e deciso nello squillo dei corni, in realtà
una variante del motto «del destino» del primo movimento, che
immediatamente pare risvegliare antichi presagi.
Inizia uno scambio tra i due elementi,
che cominciano a i confrontarsi dialetticamente ed in modo serrato
nelle varie regioni orchestrali.
Nella parte centrale interviene un
pressante fugato affidato ai poco disinvolti contrabbassi e
violoncelli, presto imitati dai violini. È un episodio scherzoso,
dalle tinte ironiche e tipicamente beethoveniane, reso ancor più
grottesco dalle frequenti e dispettose ripetizioni e anche
dall'imprevisto aggiungersi, poco più avanti, dei pesanti fagotti.
Ad ogni ripresa esita, poi si riavvia
senza interrompersi. Nella parte conclusiva, dopo il solito avvio
ripetitivo e titubante, il soggetto punta verso l'alto, trasmigra dal
gruppo dei contrabbassi-violoncelli a quello dei violini, poi su sino
al primo flauto; infine, come deprivato del peso, si spegne
gradualmente in un tenue diminuendo, «sempre più piano» ed in
pizzicato.
La scorciata Ripresa è fatta in
termini sbrigativi, quasi dovesse risolversi in modo defilato, e con
fare commediante.
Il primo tema, ad esempio, torna quasi
«regolarmente» all'inizio, però è subito come falsato
dall'interruzione del grande respiro in «legato» che l'aveva
contraddistinto nella prima parte: qui sono utilizzate ingegnose
pause di semiminime poste all'interno della frase, in modo da
frazionarla. Poi viene ripetuto e si trasforma in un vezzoso
pizzicato.
Anche il secondo tema non è più
solenne come prima, ma risuona piano, come estraniato, alleggerito
nella voce solitaria del primo clarinetto, o dell'oboe, o del flauto,
o ancora nel pizzicato leggero dei violini.
Il pedale immobile degli archi, su una
lunga serie di colpi di timpano, annuncia infine la Coda. Inizia in
un cupo e turbato pianissimo che però, progressivamente, aumenta
d'intensità, si schiarisce ed infine - al culmine di un poderoso
crescendo - sfocia nel quarto movimento.
Si apre così l'Allegro. L'orchestra
annuncia il primo tema in una fanfara esultante. Una frase di
transizione, anch'essa dai toni trionfali, si collega al secondo tema
con le sue slanciate e svettanti terzine.
È l'annuncio della vittoria
dell'intelletto e della ragione contro le forze oscure del destino,
la celebrazione finale dell'uomo che combatte contro le avversità.
L'Epilogo completa in una grandiosa frase di congedo la parte di
Esposizione.
Nello Sviluppo è elaborato soprattutto
il secondo tema, mentre un nuovo motivo presentato dai tromboni viene
presto enfatizzato dai violini, sino a giungere ad un
vibrante climax. Qui l'orchestra tutta pare palpitare, rapita e
inebriata - nel registro sovracuto - come cullata dai suoi stessi
suoni. E un'atmosfera particolarissima, vivida e sognante,
un'immagine di un Beethoven solare assai vicina a quelle del finale
della Nona Sinfonia.
D'improvviso la dinamica si riduce,
dando vita ad una sezione di collegamento basata sulla reminiscenza
del secondo tema del precedente movimento. Ma è solo un momento di
passaggio, che lascia presto il posto all'incalzante Ripresa e
all'Epilogo. Quest'ultimo è molto più esteso rispetto a quello
dell'Esposizione e comprende anche il ritorno del secondo tema.
Infine si aggiunge una complessa elaborazione del tema della
transizione, questa volta imitato a varie altezze e via via più
esuberante e fremente sino alla vorticosa stretta conclusiva
(Presto).
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