- Andantino. Cantabile (si minore)
- Allegretto ma non troppo (si minore)
Organico: organo
Composizione: 1862 (versione per due pianoforti: 1873)
Edizione: Maeyens-Couvreur, Parigi, 1868
Dedica: Camille Saint Saens
N. 3 del ciclo Six Pièces pour Grand Orgue
Composizione: 1862 (versione per due pianoforti: 1873)
Edizione: Maeyens-Couvreur, Parigi, 1868
Dedica: Camille Saint Saens
N. 3 del ciclo Six Pièces pour Grand Orgue
Nel 1858 il trentaseienne Cesar Franck
veniva nominato maestro di cappella e organista presso la chiesa
parigina di Sainte-Clothilde. Già pianista di grande successo,
stimato da Liszt anche come compositore, prevalentemente di opere per
il suo strumento, Franck da qualche tempo aveva orientato i suoi
interessi verso l'organo. Dieci anni prima, nel '48, aveva ottenuto
l'incarico di organista accompagnatore presso la chiesa di Notre-Dame
de Lorette. Erano gli anni in cui la musica francese andava
riscoprendo Bach, e chiarendo la conoscenza della sua produzione
organistica; anche sulla scia delle soste a Parigi di virtuosi e
interpreti come Adolf Friedrich Hesse e Jacques-Nicolas Lemmens. A
questi interessi Franck partecipò attivamente. La Bach-Renaissance,
più tardi, lo coinvolse profondamente (gli opera omnia della
Bach-Gesellschaft cominciarono a comparire appunto nel 1850). Ora per
lui era soprattutto il momento della conoscenza di uno strumento che
trasferiva la tastiera, tanto familiare a lui, pianista di notevole
virtuosismo, in una dimensione sonora assai più ampia, e dunque
rispondente in molte cose alla sua sensibilità. E soprattutto in un
contesto culturale imbevuto di quella spiritualità che a poco a poco
andava innestandosi sui suoi ideali di artista. Gli anni Cinquanta
sono per lui assorbiti in gran parte dallo studio dell'organo; con un
particolare interesse per gli strumenti moderni costruiti da Aristide
Cavaillé-Coll, autore del grande organo che già nel 1859 rimpiazzò
il piccolo strumento a disposizione di Franck nella chiesa di
Sainte-Clothilde. Per questo strumento e su questo strumento Franck
compose la parte più cospicua di quelle pagine organistiche che
costituiscono il più rilevante frutto della sua creatività in quei
primi anni Sessanta che lo videro continuare a trascurare il
pianoforte e l'orchestra, abbandonati ambedue dal '46. E anzitutto la
grande raccolta composta fra il 1860 e il '62, dunque subito
all'indomani della costruzione del Cavaillé-Coll che per tutto il
resto della vita Franck avrebbe avuto a disposizione: quelle Six
pièces pour grand orgue che per più motivi avrebbero posto le
basi della letteratura organistica del secondo Ottocento francese. In
esse, accanto a una Fantaisie e alla presto celebre Grand
pièce symphonique, a una Pastorale, a una Prière e a un Final,
spiccava al terzo posto nella serie una composizione tripartita, che
nel titolo ci suona oggi profetica dei due grandi trittici pianistici
del più grande Franck: Prelude, fugue et varìation; più tardi
(1878), rielaborata a cura dello stesso Franck per pianoforte o
armonium.
In essa non si deve cercare, perlomeno
non a quel grado di fusione estetica che rende grande e
fascinosissimo l'ultimo Franck, la tensione storica del bachiano
fervente unita alle torbide avventure cromatiche del wagneriano
verace, che siamo soliti adorare nel Preludio, corale e fuga o
nel Preludio, aria e finale. Bach e Wagner per Franck sono conquiste
giunte a piena maturazione più tardi, e capaci di rendere al meglio
nel clima abbondantemente nutrito di décadence degli anni Ottanta,
quelli che videro nascere appunto i due grandi trittici pianistici.
Però non è privo di interesse né di significato il fatto che
ancora agli albori della rinascita bachiana Franck rendesse uno
scoperto omaggio al puro strumentalismo contrappuntistico dell'opera
per organo di Bach, resuscitando (sia pure con l'ampliamento a un
terzo episodio variato), la gloriosissima coppia del Preludio e fuga:
intesi in Bach come unitario accostamento dei vecchi principi
cinque-seicenteschi della Toccata e del Ricercare; il momento
improvvisativo-virtuosistico e quello speculativo-dottrinario.
Aspetti che nei due lavori della
vecchiaia torneranno, splendenti come di oro antico, nel mescolarsi
di storicismo e di presente, di misticismo e sensualità. E
soprattutto resi grandiosi da uno specifico pianistico immanente alla
stessa nascita dei due trittici, che segnano il ritorno tardivo di
Franck allo strumento di cui era stato - e sempre era rimasto -
esecutore di fortissime qualità. Mentre a quanto è dato di sapere,
passione e studio non riuscirono mai a fare di lui organista
altrettanto provetto, né come esecutore né come escogitatore di
nuovi e pertinenti linguaggi strumentali. Sicché non sorprende che,
a differenza della Grande pièce symphonique, che ha avuto
ottima fortuna come documento della concezione fastosa dell'organo
tardoromantico, Preludio, fuga e variazione sia divenuto
invece relativamente noto soprattutto nella versione per pianoforte:
quasi Franck si fosse reso conto solo a cose fatte di un permanere in
lui della vocazione pianistica, e abbia adeguato la sua prima
esercitazione postbachiana al linguaggio dello strumento che più
tardi ne sarebbe stato il destinatario naturale, riuscendo subito a
correggere l'«errore» di tiro compiuto in origine.
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