La grande guerra è una commedia
drammatica del 1959 diretta da Mario Monicelli,
prodotta da Dino De Laurentiis e interpretata da Alberto
Sordi e Vittorio Gassman.
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Trama
1916. Il romano Oreste Jacovacci e il
milanese Giovanni Busacca si incontrano presso un distretto militare
durante la chiamata alle armi. Il primo promette con l'inganno di far
riformare l'altro in cambio di denaro. I due si incontrano nuovamente
su una tradotta per il fronte: dopo l'ira iniziale di Giovanni,
finiscono per simpatizzare e divenire amici. Seppure di carattere
completamente diverso sono uniti dalla mancanza di qualsiasi ideale e
dalla volontà di evitare ogni pericolo pur di uscire indenni dalla
guerra.
Finiti in un paesino delle retrovie,
aspettano di giorno in giorno di essere inviati al fronte. Giovanni
si concede qualche distrazione con Costantina, la prostituta del
villaggio, ma alla fine si ritrova con il portafoglio alleggerito.
Attraversate numerose peripezie durante l'addestramento, i
combattimenti e i rari momenti di congedo, in seguito alla disfatta
di Caporetto, i due vengono inviati come staffette portaordini,
mansione molto pericolosa, che viene loro affidata perché
considerati come i "meno efficienti".
Un giorno vengono inviati al magazzino
del paese per prendere del filo spinato; Giovanni ne approfitta per
incontrare Costantina. I due dovrebbero rientrare al campo prima di
sera ma degli scoppi violenti provenienti dalla prima linea li fanno
desistere: si salvano così da un tragico assalto
degli austro-ungarici che costerà la vita, tra gli altri,
al tenente Gallina e a Bordin. Inviati a riposo per 10 giorni nelle
retrovie, una sera incontrano proprio la moglie di Bordin che gli
chiede di portare degli indumenti di ricambio al marito. Incapaci di
dire alla donna la verità, venuti a sapere delle ristrettezze in cui
deve dibattersi le danno invece dei soldi che avevano raccolto
tramite una falsa colletta e che avevano intenzione di spendere
a Udine.
Ritornati al fronte, ciò che resta del
loro battaglione viene inviato a presidiare un caposaldo sulle rive
del Piave, comandato dal capitano Castelli. Dopo aver ricevuto
dalle avanguardie segnali di avanzamento degli austriaci il capitano
ordina di inviare due soldati presso le batterie di artiglieria per
informarle chiedendo di scegliere "i meno efficienti",
scelta che ricade appunto su Giovanni e Oreste. Raggiunte le
postazioni di artiglieria e comunicato il messaggio i due, dato il
maltempo incessante, decidono di coricarsi nella stalla
dell'avamposto ma una repentina avanzata degli austriaci li fa
svegliare in territorio nemico. Sorpresi ad indossare cappotti
dell'esercito austro-ungarico nel tentativo di fuga, vengono
catturati, accusati di spionaggio e minacciati di fucilazione.
Sopraffatti dalla paura, ammettono di essere in possesso di
informazioni cruciali sul contrattacco italiano sul Piave, e pur di
salvarsi decidono di passarle al nemico.
L'arroganza dell'ufficiale austriaco ed
una battuta di disprezzo verso gli italiani ("fegato? questi
conoscono solo quello alla veneziana con le cipolle") ridà
però forza alla loro dignità, portandoli a mantenere il segreto
fino all'esecuzione capitale, l'uno insultando spavaldamente il
capitano nemico e l'altro che, dopo la fucilazione del
compagno, finge di non essere a conoscenza delle informazioni e viene
così fucilato poco dopo l'amico.
La battaglia si conclude poco
tempo dopo, con la vittoria dell'esercito italiano e la
riconquista della postazione caduta in mano agli Austriaci, ignorando
il sacrificio nobile di Busacca e Jacovacci, ritenuti fuggiaschi, i
quali hanno optato per la fucilazione pur di non tradire i propri
connazionali.