#Music #History #Beethoven #Sinfonia #Pastorale #Orchestra
Musica: Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)
Musica: Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)
- Piacevoli sentimenti che si destano nell'uomo all'arrivo in campagna: Allegro ma non troppo
- Scena al ruscello: Andante molto mosso (si bemolle maggiore)
- Allegra riunione di campagnoli: Allegro
- Tuono e tempesta: Allegro (fa minore)
- Sentimenti di benevolenza e ringraziamento alla Divinità dopo la tempesta: Allegretto
Organico: ottavino, 2 flauti, 2
oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, 2 tromboni,
timpani, archi
Composizione: 1808
Prima esecuzione: Vienna, Theater an der Wien, 22 Dicembre 1808
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia 1809
Dedica: Principe Joseph Max von Lobkowitz e Conte Andreas Razumovsky
Composizione: 1808
Prima esecuzione: Vienna, Theater an der Wien, 22 Dicembre 1808
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia 1809
Dedica: Principe Joseph Max von Lobkowitz e Conte Andreas Razumovsky
La novità della Pastorale, la più
eccentrica ed enigmatica tra le Sinfonie di Beethoven, consiste
paradossalmente nel carattere retrospettivo della sua musica. Un
quaderno di appunti, conservato al British Museum di Londra, consente
il privilegio di gettare uno sguardo sul lavoro preparatorio per la
Sinfonia, che fu elaborata in gran parte tra il 1807 e il 1808. In
margine al primo foglio del fascicolo, Beethoven ha scritto una
definizione interessante, sinfonia caracteristica, che merita di
essere approfondita. L'aggettivo "caratteristico", nel
Settecento, richiamava un insieme di aspetti peculiari dello stile e
della forma di un brano musicale, collocabile cosi in un genere più
o meno strettamente codificato. Il concetto di "carattere",
in un'epoca ancora influenzata dal manierismo settecentesco, si
riferiva in primo luogo all'espressione di un unico sentimento, o
affetto, nell'arco dell'intera composizione. Nell'opera, per esempio,
si usava definire "caratteristica" l'Ouverture legata al
clima espressivo della scena immediatamente seguente, come accade nel
caso dell'Alceste di Gluck o del Don Giovanni di
Mozart.
Il concetto di "caratteristico"
tendeva inoltre a mescolarsi con quello di musica a programma. Nel
Settecento l'uso di un programma extra-musicale serviva soprattutto
per evocare immagini, scene di paesaggio, battaglie o personaggi
classici. Il gusto di questo genere di composizioni richiedeva
soprattutto delle metafore musicali scelte nell'ambito visivo, a
differenza di quel che accadde poi nel Romanticismo, dove
l'ispirazione era in primo luogo letteraria. I precedenti
della Sinfonia Pastorale sono numerosissimi e in taluni
casi hanno sorprendenti affinità con il capolavoro di Beethoven,
come per esempio nel Portrait musical de la nature (1785)
di Justin Hinrich Knecht. Il 15 ottobre 1755, per esempio, Leopold
Mozart scriveva al suo editore di Augusta, Johann Jakob Lotter:
"Monsieur Gignoux [direttore del
Collegium musicum di Augusta, formato da musicisti amatori, ndr.]
vuole un nuovo paio di PastorellSymphonie? Mi sa che costui
creda che siano sempre pronte, come il pane in bottega. Perché non
ho sempre il tempo di farne una all'impronta. E questo lo dovrebbe
sapere da sé, dal momento che pensava che non avessi il tempo
nemmeno di leggere da cima a fondo una sua lettera. Sappiate che ho
in effetti una PastorellSymphonie nuova di zecca: soltanto,
sarò franco, non posso proprio darvela, perché ho pensato di
mandarla a Wallerstein assieme a degli altri pezzi. Penso anche di
piazzarla bene".
La lettera dimostra in maniera
indiscutibile quanto la musica a programma fosse popolare, specie tra
le orchestre di dilettanti, una o due generazioni prima di Beethoven,
il quale in gioventù, nell'orchestra di Bonn, ebbe senz'altro
occasione di suonare spesso simili composizioni.
Il programma della Pastorale è
contenuto in brevi didascalie che accompagnano i cinque movimenti
della Sinfonia. La presenza di un testo e il ricorso alla ricca
simbologia musicale codificata nei secoli (bordoni, ranz-des-vaches,
l'imitazione del fluire dell'acqua e del canto degli uccelli, la
parodia di musica popolare eccetera) dimostrano l'intenzione
dell'autore di riportare un genere ormai considerato antiquato, come
quello "pastorale", all'interno del laboratorio musicale
viennese. Assieme alle forme di pittura musicale ritenute sorpassate
e persino volgari, nella Pastorale si manifestava infatti
anche il mondo nuovo del moderno stile classico, espresso dalla
logica astratta e formale della struttura sonatistica. Beethoven
conferì dunque alla nuova Sinfonia, con un disegno ideale d'ampio
respiro, una dualità di stile, che si manifestava in un confronto
serrato tra l'attuale e l'inattuale, tra il "realismo"
della forma-sonata e la "finzione" del mondo pastorale.
L'interminabile dibattito sul valore da
attribuire al programma della Pastorale ebbe origine
probabilmente in questa natura ambigua della Sinfonia. Beethoven
s'invaghì del progetto ardito e sperimentale di comporre una
Sinfonia cercando uno stile di mezzo tra l'antico e il moderno,
inoltrandosi su un sentiero radicalmente nuovo anche per lui.
L'autore era consapevole che il suo progetto non era facile da
comprendere e si premurò di aggiungere, nel manoscritto della
Sinfonia usato per la prima esecuzione, avvenuta a Vienna il 22
Dicembre 1808, la definizione divenuta celebre "Sinfonia
pastorella - mehr Ausdruck der Empfìndung als Malerey" (più
espressione del sentimento che pittura).
La preoccupazione dell'autore non era
infondata. Da allora infatti la critica ha oscillato come un pendolo
tra letture di tipo rigorosamente ermeneutico e la negazione di
qualsiasi rapporto tra forma musicale e descrizioni poetiche. Il
musicologo americano Owen Jander, per esempio, ha di recente
propugnato la tesi che l'episodio dell'usignolo, della quaglia e del
cuculo in coda al secondo movimento raffiguri in realtà la profezia
dell'imminente sordità. Ammesso che gli argomenti portati a sostegno
di questa tesi siano inoppugnabili, qual è il vantaggio in
definitiva di addentrarsi in una selva inestricabile, popolata di
simboli e figure metaforiche che nessuno può interpretare in modo
ragionevole? D'altra parte sarebbe molto discutibile ignorare il
fatto che l'autore ha senza dubbio cercato di delineare nelle
didascalie un disegno spirituale, che non si può cancellare
accantonando ogni aspetto non riconducibile direttamente al testo
musicale.
La Pastorale è articolata
sulla carta in cinque movimenti, ma in effetti la struttura
complessiva della Sinfonia è percepibile in due metà chiaramente
distinte. La prima parte è formata dai due movimenti iniziali,
l'arrivo in campagna e la scena al ruscello, indipendenti l'uno
dall'altro; la seconda invece corrisponde alla sequenza ininterrotta
degli ultimi tre movimenti, che configurano nel loro insieme un
percorso narrativo unico. La compresenza di un principio descrittivo
e di uno di tipo formale implica una tensione alternata della
percezione del tempo, che si articola in una duplice dimensione. La
musica della prima parte, obbediente all'impostazione classica,
comprende due movimenti composti in forma-sonata, secondo la
tradizionale sequenza di un movimento iniziale molto elaborato e di
un tempo lento. Pur accomunati idealmente dal fatto di condividere il
medesimo clima espressivo, non si stabilisce tra loro alcuna
relazione temporale. I due brani potrebbero esprimere lo stato
d'animo di un'esperienza vissuta tanto nello stesso momento, quanto a
distanza di molti giorni. La musica della seconda parte invece
collega assieme nel tempo una serie di avvenimenti. Il concatenamento
degli episodi induce l'ascoltatore a recepire l'ultima parte della
Sinfonia come il racconto di un'unica vicenda, il cui significato è
pienamente comprensibile solo attraverso le didascalie.
La differenza tra le due parti non
riguarda però soltanto il carattere narrativo, ma anche la
percezione psicologica del tempo musicale. Solo l'ultimo dei tre
movimenti che formano la seconda parte è concepito in forma
classica. Il primo, la "Riunione dei contadini", ha più il
sapore che la forma di uno Scherzo beethoveniano, mentre la sezione
indiscutibilmente più descrittiva della Sinfonia, il "Temporale",
è scritta in stile del tutto libero, quasi teatrale. La forma-sonata
classica, particolarmente in Beethoven, configura una concezione del
tempo fortemente direzionale, in cui predomina la volontà del
presente di proiettarsi sul futuro. In questa Sinfonia, a differenza
delle altre, sembra che Beethoven cerchi di rappresentare in vece la
circolarità del tempo, il divenire immobile della natura nel suo
percorso di eterno ritorno. Nella Pastorale si nota uno
stile compositivo insolito per l'autore, attraverso l'uso di forme
ripetitive, l'assenza di forti contrasti tematici, l'uniformità
della struttura armonica.
La differenza di stile tra le due parti
corrisponde a un diverso grado d'identificazione con la figura del
protagonista. La forma-sonata della prima parte esprime un senso
elegiaco dello scorrere del tempo, che rispecchia il mondo antico,
stabile e ben ordinato della campagna. La natura, vista dall'eroe,
appare come un luogo sicuro e immutabile nel tempo, governato da
leggi patriarcali. Il carattere narrativo della seconda parte spezza
invece il lento ruotare del tempo. Lo scoppio del Temporale determina
un'improvvisa accelerazione, catapultando nel mondo immobile
dell'elegia una dimensione estranea e lacerante. Il contrasto
drammatico di questo episodio è simbolicamente espresso dall'uso
della tonalità di fa minore, che rappresenta una radicale rottura
con il resto della Sinfonia, interamente avvolta nella distesa
tonalità di fa maggiore. Ma il carattere elegiaco della prima parte
era stato contraddetto in precedenza anche dallo stile realistico
impiegato da Beethoven per raffigurare il mondo contadino, nella
scena del ballo. La comicità dei musicanti, con i loro errori
grossolani e la frettolosa, incongrua sovrapposizione delle danze,
sembra corrispondere a una qualche deformità morale, intervenuta a
turbare la purezza dell'antica vita pastorale. Il ritorno della
forma-sonata nel Finale acquista così un senso quasi religioso,
apparendo appunto come una rilettura degli antichi culti.
Questo aspetto rituale è confermato, negli abbozzi di Beethoven, da
una precedente versione della didascalia che accompagna l'ultimo
movimento, in cui si parla di un ringraziamento an die Gottheit,
alla divinità.
Resta da chiarire qual è il disegno
ideale che collega l'intero percorso. Una lettura della Pastorale non
può prescindere forse dalla figura di Goethe, che s'intreccia in
molteplici modi con le opere create da Beethoven in quegli anni. Il
tentativo della Sinfonia d'interpretare in chiave moderna l'antico
genere "pastorale", per esempio, potrebbe essere legato
all'aspirazione goethiana di rinnovare il genere dell'idillio, di cui
lo scrittore si era occupato in un testo allora notissimo, Hermann
und Dorothea (1797). Ma certe risonanze profonde si percepiscono
anche mettendo a confronto la Pastorale con alcune pagine
dei Dolori del giovane Werther. In una delle prime lettere del
romanzo (10 Maggio), Werther parla della natura con accenti che
sembrano evocare immagini precise della Pastorale ("Una
meravigliosa serenità, simile a questo dolce mattino di primavera,
mi è scesa nell'anima [...] Quando la bella valle effonde intorno a
me i suoi vapori e il sole alto investe l'impenetrabile tenebra di
questo bosco [...] e io mi stendo nell'erba alta accanto al torrente
[...] oh, se tu potessi esprimere tutto questo, se tu potessi
effondere sulla carta ciò che in te vive con tanta pienezza e tanto
calore...").
La famosa scena del ballo, cui è
legato l'episodio cruciale dell'incontro con Lotte, mostra delle
sorprendenti affinità con la seconda parte della Sinfonia. Werther è
invitato a un ballo ("I nostri giovanotti avevano organizzato un
ballo in campagna al quale ero felice di partecipare anch'io").
Nel mezzo delle danze scoppia un temporale, che spaventa le ragazze e
turba l'animo di tutti. Passato il peggio, Lotte e Werther si
ritrovano insieme a osservare il paesaggio. "Ci avvicinammo alla
finestra, tuonava ancora lontano, una magnifica pioggia cadeva
scrosciando leggera e soave sui campi e un profumo vivificante saliva
fino a noi come un soffio di vento pieno di tepore. [Lotte] stava
appoggiata sui gomiti e contemplava la campagna; alzò gli occhi al
cielo, poi li rivolse verso di me e vidi che erano pieni di lacrime.
Posò la mano sulla mia e disse: - Klopstock! - mi ricordai subito
della stupenda ode".
La poesia evocata da Lotte
s'intitola Frühlingsfeier (Festa di primavera) e
costituisce un testo cardine dell'estetica kantiana del sublime.
L'ode di Klopstock termina appunto con una grande preghiera alla
divinità (Jehova) dopo un violento temporale, così come
l'Allegretto finale esprime la gratitudine commossa verso il
Creatore benevolo con accenti e modi (la forma ripetitiva del tema,
la sua trasformazione in un corale) pervasi da un potente e nuovo
afflato religioso.
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