23 agosto 2024

MUSICA - L. VAN BEETHOVEN - SINFONIA N. 3

 


Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore, Op. 55 "Eroica"


#Eroica #History #Music #Beethoven #Sinfonia

Musica: Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)
  1. Allegro con brio
  2. Marcia funebre. Adagio assai (do minore)
  3. Scherzo. Allegro vivace
  4. Allegro molto

Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 3 corni, 2 trombe, timpani, archi
Composizione: 1803
Prima esecuzione: Vienna, Theater an der Wien, 7 Aprile 1805
Edizione: Bureau des Arts et d'Industrie, Vienna 1806
Dedica: Principe Max von Lobkowitz

Se lo spirito della rivoluzione francese e gli ideali repubblicani di eguaglianza, libertà, fraternità, sono presenti in tanta parte della produzione musicale di Beethoven, soprattutto attraverso connessioni con molteplici lavori letterari, pure questi fattori si palesano in una chiara affermazione politica solamente nella partitura della Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore op. 55, grazie al riferimento diretto di questa Sinfonia alla figura di Napoleone Bonaparte. Anche accantonando l'idea - affermata da Schindler ma improbabile - che fosse stato il futuro re di Svezia Bernadotte a suggerire al compositore, nel 1798, una Sinfonia su Bonaparte, l'intenzione di Beethoven di trasferirsi in Francia nel 1803 e sicure tracce epistolari confermano che Napoleone doveva essere non solo e non tanto il dedicatario della Sinfonia (circostanza occasionale e secondaria), quanto piuttosto il suo ispiratore ed intestatario. Almeno queste erano le intenzioni dell'autore quando, fra la fine del 1802 e l'inizio del 1804, attese alla stesura della partitura.
Fiumi di inchiostro sono stati versati per narrare e commentare la mancata intitolazione della sinfonia a Napoleone. Converrà riassumere i termini della questione, partendo ancora una volta dal racconto di Ferdinand Ries - allievo, amico e poi biografo del compositore:
«A proposito di questa Sinfonia Beethoven aveva pensato a Napoleone, ma finché era ancora primo console. Beethoven ne aveva grandissima stima e lo paragonava ai più grandi consoli romani. Tanto io, quanto parecchi dei suoi amici più intimi, abbiamo visto sul suo tavolo questa sinfonia già scritta in partitura e sul frontespizio in alto stava scritta la parola "Buonaparte" e giù in basso "Luigi van Beethoven" e niente altro. Se lo spazio in mezzo dovesse venire riempito e con che cosa, io non lo so. Fui il primo a portargli la notizia che Buonaparte si era proclamato imperatore, al che ebbe uno scatto d'ira ed esclamò: "Anch'egli non è altro che un uomo comune. Ora calpesterà tutti i diritti dell'uomo e asseconderà solo la sua ambizione; si collocherà più in alto di tutti gli altri, diventerà un tiranno!" Andò al suo tavolo, afferrò il frontespizio, lo stracciò e lo buttò per terra.»
Il racconto di Ries, databile al maggio 1804, mese dell'incoronazione di Napoleone, è considerato generalmente attendibile da tutti gli storici; anche perché sembra confermato da un manoscritto non autografo della Sinfonia, dove, nell'intestazione, le parole "Intitulata Bonaparte" sono raschiate in modo da essere quasi illeggibili. Ma un'altra annotazione a matita sul medesimo frontespizio, certamente posteriore, "Geschrieben auf Bonaparte" ("scritta su Bonaparte") indica come il riferimento all'uomo che aveva diffuso in tutta Europa, con le sue gesta militari, gli ideali rivoluzionari non poteva essere del tutto cancellato dalle intenzioni dell'autore. Lo conferma anche il fatto che in una lettera del 26 Agosto 1804 agli editori Breitkopf e Härtel (dunque tre mesi dopo l'episodio narrato da Ries) il compositore poteva scrivere: "La Sinfonia, a dir il vero, è intitolata Bonaparte".
Di lì a poco sarebbe stata probabilmente la guerra franco-austriaca del 1805 a spingere Beethoven a far prevalere i sentimenti patriottici su quelli rivoluzionari. Così l'edizione a stampa della Sinfonia, apparsa nel 1806, omette il riferimento diretto a Bonaparte, e recita: "Sinfonia Eroica [...] composta per festeggiare il sovvenire di un grand'Uomo". Difficile interpretare questo titolo nel senso che il "sovvenire" voglia significare "rimembranza" e, con la marcia funebre del secondo tempo, si riferisca al ricordo di quello che era stato il primo console. Più probabile che con "sovvenire" l'autore intendesse la "memoria" in senso celebrativo; intendesse insomma celebrare l'immagine di un eroe; ma non di un eroe astratto, quanto piuttosto di un ideale di eroe che si era concretamente incarnato in Napoleone.
Altro discorso è quello di come questo pensiero politico potesse inverarsi all'interno di una partitura musicale. Già larga parte della produzione cameristica dell'autore aveva riflettuto in termini musicali un conflitto di alte tensioni etiche. Tuttavia, proprio a partire dall'Eroica, è al genere della Sinfonia che il compositore doveva affidare soprattutto il compito di veicolare i suoi ideali illuministici, sconvolgendo di fatto gli obiettivi puramente intrattenitivi che avevano fino allora contraddistinto il genere sinfonico anche nelle sue forme più raffinate e impegnate, quali le ultime Sinfonie di Mozart; e che, di fatto, avevano ancora interessato le prime due compiute esperienze sinfoniche di Beethoven. Nata come genere di intrattenimento per udienze esclusivistiche, la Sinfonia veniva caricata così di significati estremamente più complessi ed ambiziosi. In che modo ciò potesse avvenire lo ha spiegato nel 1918, in termini nitidissimi, il musicologo tedesco Paul Bekker:
«Beethoven modifica la destinazione del genere sinfonico, nel senso che esso, se fino a quel momento serviva come intrattenimento per un ambiente ristretto e chiuso, supera ora questi limiti e diventa oggetto di discussione per una moltitudine finora sconosciuta, totalmente nuova nel numero e nella sua composizione. Lo schema tecnico musicale secondo il quale Beethoven scrive le sue Sinfonie è, nei caratteri fondamentali, quello tradizionale. La novità rivoluzionaria, grazie alla quale la Sinfonia di Beethoven rappresenta per noi l'inizio di una nuova era musicale, sta nel fatto che - se posso servirmi di una definizione drastica -Beethoven compone non una nuova musica, ma un nuovo uditorio. La Sinfonia di Beethoven viene concepita partendo dall'idea di un uditorio completamente nuovo. Tutte le differenze in senso strettamente musicale rispetto ai predecessori si possono spiegare, in parte persino riconoscere, come riflessi dell'idea dell'uditorio che è loro alla base. L'immagine ideale di un uditorio per il quale Beethoven scrisse, e da cui attinse la forza e l'impeto delle sue idee, fu un'ulteriore elaborazione del grande movimento democratico che dalla Rivoluzione francese condusse alle guerre di liberazione tedesche. Elaborazione come si presentò allo spirito di Beethoven. Possiamo percepirla ogni volta di nuovo quando viviamo in noi stessi la potenza catartica e solenne di una Sinfonia di Beethoven, poiché in tali momenti noi stessi diventiamo il pubblico per il quale Beethoven ha composto, la comunità cui egli parla.»
Lo slancio delle parole di Paul Bekker - scritte mentre l'Europa usciva dal primo conflitto mondiale e credeva di avviarsi verso la pace - sembra figlio di un intero secolo di idealismo, sommato a una solidità di analisi scaturita dalla musicologia positivistica. E tuttavia concetti simili li ritroviamo - come suggerisce Carl Dahlhaus - già nel 1802, nel Musikalisches lexicon di Christoph Koch: «Poiché la musica strumentale non è altro che imitazione del canto, la Sinfonia in specie, prende il posto del coro e perciò, come il coro, ha lo scopo di esprimere i sentimenti di una intera moltitudine».
Dunque la Sinfonia "Bonaparte" doveva parlare di un eroe portatore di nuovi valori, rivolgendosi a un uditorio ideale. A tali obiettivi straordinari ed inediti doveva corrispondere anche un rinnovamento della forma sinfonica e del suo stesso linguaggio, che solo avrebbe potuto realizzare in musica tanta altezza d'intenti. Ecco dunque che nuove sono le dimensioni dei quattro movimenti, che dilatano la Sinfonia verso una lunghezza monumentale, del tutto ignota a Mozart e Haydn; nuova è la strumentazione, che vede i fiati affrancati dalla funzione di sostegno armonico e inseriti nel gioco di elaborazione motivica, il che vuoi dire che il linguaggio dell'orchestra diviene "sinfonico" in senso moderno; nuova è soprattutto la logica secondo cui viene condotto il discorso musicale, logica che supera i principi di nitida dialettica tematica che innervavano la Sinfonia d'intrattenimento.
Tali novità si impongono immediatamente nel movimento iniziale, il gigantesco Allegro con brio sulla cui analisi si sono soffermati, in modo tutt'altro che univoco, decine e decine di commentatori. Due grandi "colpi" orchestrali fungono da sipario per quanto segue, affermando la tonalità di mi bemolle con una nitidezza che presto verrà appannata. Come si è accennato, la dialettica classica vedeva contrapposti, all'interno della "forma sonata", due temi principali, e alcune idee secondarie, che si confrontavano in modo piuttosto distinto. Nell'Eroica questo principio viene meno, nel senso che le varie idee tematiche non sono fra loro contrapposte, ma germinano l'una dall'altra, secondo un processo di continua tensione-distensione. La stessa idea principale - l'arpeggio dei violoncelli che si presenta all'inizio - difficilmente può essere considerato un vero "primo tema", ma piuttosto una cellula neutra, da cui scaturiranno l'una dopo l'altra le varie idee. E infatti il vero principio costruttivo del movimento lo troviamo subito dopo, quando l'armonia di mi bemolle che era rimasta inalterata per le prime sei battute, scivola in un cromatismo e si increspa nelle note sincopate dei violini (la sincope è uno spostamento d'accento che crea dinamismo). Ecco dunque l'idea di base: l'instabilità, la tensione continuamente rinnovata, che vuole tradurre appunto in termini musicali quella tensione ideale di cui si diceva. Tutte le altre idee tematiche (un dolce dialogo dei legni con i violini; una lunga serie di note ribattute dei fiati; una melodia ascendente e cromatica) costituiscono ciascuna una tappa diversa di questo percorso di instabilità.
Se questa è l'esposizione, la sezione dello sviluppo, in cui l'autore deve rielaborare le idee precedentemente esposte, appare altrettanto ambiziosa, e si segnala per le sue proporzioni (250 battute). Beethoven vi riutilizza quasi tutte le idee già udite (tranne l'ultima, la melodia ascendente e cromatica), evitando però di attribuire loro delle chiare cesure cadenzali, portandole verso peregrinazioni lontane, attraverso un percorso conflittuale che, se non rinnega i principi dell'esposizione, pure attribuisce orizzonti non ancora esplorati a quelle idee. Se è impossibile una descrizione pedissequa di questo percorso, occorre segnalare in esso almeno due momenti: una vasta sezione in minore, con un dinamico fugato basato su un tema nuovo, e il passaggio che conduce alla riesposizione. In questo passaggio il conflitto fra le varie idee si è progressivamente spento, e su un tremolo degli archi entra, come in lontananza, il corno, riproponendo l'arpeggio che aveva dato il via a tutta la Sinfonia; il punto è che archi e corno portano con sé due armonie differenti, contraddicendo alle regole della buona composizione; e proprio questa sovrapposizione armonica crea un effetto di dissolvenza che porta alla riesposizione.
Appunto la riesposizione attribuisce un nuovo significato al materiale fino a questo momento udito. Il grande "viaggio" dello sviluppo ha come rigenerato il materiale tematico, che non si ripresenta più, come nella sinfonia classica, a ribadire l'ordine primigenio, ma invece viene presentato in modo da stemperare le tensioni accumulate, a appianare le ostilità del percorso, in modo da portare a una chiara e forte affermazione. Anche laddove il discorso procede in modo parallelo a quello dell'esposizione, Beethoven provvede a nuovi aggiustamenti coloristici, con una strumentazione che porta spesso in primo piano il corno, soprattutto per lo pseudo-primo tema. Chiude il movimento una vasta coda, adeguata per proporzioni a quanto precede, in cui un calibrato crescendo porta a una esplosione vitalistica.
Come nella Sonata per pianoforte Op. 26, Beethoven sceglie, per il tempo lento della Sinfonia, la forma della marcia funebre, che, da una parte rimanda in senso lugubre alle tante marce rivoluzionarie della musica francese, dall'altra getta un ponte verso altre pagine di consimile luttuosità, come la marcia funebre che apre la Quinta Sinfonia di Mahler, o Metamorphosen di Strauss, dove 23 strumenti ad arco intrecciano polifonie che conducono, attraverso una progressiva chiarificazione, al tema principale di questa Marcia funebre dell'Eroica, come simbolo di una civiltà che esce prostrata dalla guerra, alla ricerca delle proprie radici.
Pagina simbolo di una civiltà, dunque, attraverso il "sovvenire" dell'eroe latore di un messaggio ideale. Sono gli archi a proporre il ritmo di questa marcia in do minore (importante il sostegno dei contrabbassi), in una prima sezione di granitica coerenza. Ed ecco che il minore diventa maggiore per la sezione del Trio, dove, sulle morbide terzine "napoletane" degli archi, i legni dipanano limpidi e nostalgici intrecci. Si giunge così alla sezione dello sviluppo, dove il ritorno del tema di marcia cede subito ad un lungo e solenne fugato, per seguire poi le tracce di sempre rinnovati bagliori. A una riesposizione resa più intensa da una più fitta strumentazione, segue la coda, in cui Trio e Marcia figurano in posizione invertita, lasciando spegnere il movimento sui frammenti del ritmo che lo aveva aperto.
Il movimento meno complesso della Sinfonia è certamente lo Scherzo; pagina che, tuttavia, si presta a qualche ambiguità di interpretazione. Se la sua scrittura aerea e trapuntata precorre Mendelssohn, troviamo in esso sia quel principio di increspamento cromatico che si imponeva già nel tempo iniziale, sia, nella sezione del Trio, una robusta fanfara di corni intorno all'arpeggio di mi bemolle, che riecheggia la pseudo-prima idea dell'inizio. In definitiva appare stimolante l'idea di Paul Bekker che questo tempo costituisca una conversione verso una scrittura leggera e quasi ludica di quei principi costruttivi che erano alla base del primo tempo.
Si giunge così al finale, movimento che si stacca nettamente rispetto ai modelli di Mozart e Haydn innanzitutto perché adotta la forma di una libera variazione, sostanzialmente assente dal sinfonismo classico (Beethoven la reimpiegherà poi nella Nona Sinfonia). Ma, se per i suoi "predecessori", la forma della variazione come finale, nella musica da camera, implicava un alleggerimento dei contenuti della composizione, in una dimensione di giocoso disimpegno, Beethoven carica invece la variazione di complesse implicazioni concettuali. Non a caso il tema di questo finale trova qui la sua ultima collocazione dopo un "viaggio" che lo aveva visto apparire in una raccolta di danze strumentali, in un ciclo di variazioni pianistiche e, soprattutto, nel finale del balletto Le creature di Prometeo che il compositore aveva creato, nel 1801, per la coreografia del sommo Salvatore Viganò.
Se è vero che il finale del balletto non vedeva in scena il personaggio di Prometeo ma piuttosto quello di Bacco, è difficile resistere alla tentazione di seguire ancora Bekker nello stabilire una sorta di sovrapposizione, di coincidenza, fra il mito di Prometeo (l'uomo che aveva portato sulla terra le arti, le scienze, la civiltà) e quello dell'eroe latore di valori universali. Coincidenza che chiarisce, se ce ne fosse bisogno, il significato ideale della Sinfonia.
A conferire la sua ingegnosità a questo finale è il fatto che esso non si basa su un tema solo, ma piuttosto su due temi che sono in relazione fra di loro. Dopo una rapida introduzione animata da una vibrante cascata di note, sono gli archi a proporre, in pizzicato, il primo dei due temi, subito ripreso in contrattempo, e interrotto da vigorosi ribattuti dei fiati; ma questo primo intervento costituisce già di per sé una prima variazione di un tema "a priori", che non viene enunciato. La seconda variazione introduce un contrappunto degli archi. La terza variazione coincide con l'apparizione del secondo tema, che chiarisce la natura del primo: se il primo è la nuda linea del basso, il secondo è la vera linea melodica, una sorta di canzone popolare intonata dai legni. Una breve transizione conduce alla quarta variazione, un serrato fugato basato sul primo dei due temi. Da questo momento le variazioni diventano più complesse e non sempre nitidamente scandite, portando in primo piano l'uno o l'altro dei temi, se non entrambi; si distinguono soprattutto una vigorosa marcia in minore, e una lunga sezione in Poco Andante, aperta dai legni, che costituisce una sospensione lirica prima della conclusione. Attraverso queste trasformazioni il movimento realizza così una progressiva lievitazione espressiva, sigillata da una coda insieme festosa, solenne e quasi trionfale. Non è, questo finale dell'Eroica, il movimento in cui trovano sfogo tutte le tensioni accumulate nella partitura, ma piuttosto l'ultimo quadro di un polittico in cui mitologia e politica si sommano e si traducono in termini puramente musicali, secondo una lezione che - partendo dai 28 esecutori che si applicarono alla prima esecuzione privata nel palazzo del principe Lobkowitz, nell'Agosto 1804, fino alle moderne orchestre sinfoniche - non ha mai cessato di dettare le sue alte ragioni alle generazioni.

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MARIANGELA MELATO

  Mariangela Melato, nasce il 19 Settembre 1941, muore il 11 Gennaio 2013. Attrice italiana. #Melato #Italy #MariangelaMelato #Theater #...